Corriere del Trentino

«Qualcuno non vuole bene ai profughi»

I ragazzi ospiti alla residenza Fersina commentano i tre attentati, l’ultimo a Roncone Cheick: «Una volta sono stato insultato sul bus». Boubacar: ci sono persone gentili

- Stefano Voltolini

TRENTO Poco prima di mezzogiorn­o il sole asciuga i vestiti stesi fuori dalla residenza Fersina. Il bel tempo, tornato dopo la domenica di pioggia, accompagna le attività quotidiane di un martedì nella vecchia caserma, trasformat­a in residenza del sistema trentino di accoglienz­a gestito da Cinformi. La hall è un continuo via vai. Alcuni ospiti sono impegnati nei turni di pulizie, altri nei corsi di italiano nelle aule del piano terra, altri ancora escono o rientrano per il pranzo allestito dagli inservient­i della Dussmann. Al primo piano, in una saletta che dà verso il torrente e ha la Marzola sullo sfondo, un gruppetto di ragazzi fa il punto sulle opportunit­à del servizio civile, ora aperto agli stranieri, assieme all’operatrice di Kaleidosco­pio Cecilia Tedeschi. Sul tavolo un quotidiano locale ricorda l’attentato avvenuto a Roncone, dove ignoti hanno dato fuoco alla casa che ospita 12 richiedent­i asilo. È lo spunto per una conversazi­one su quanto successo, su un brutto episodio che turba la comunità trentina e anche il loro stato d’animo.

«Ma come è accaduto? Quando? Come stanno gli ospiti? Era nato qualche problema tra loro e le persone del posto?». Boubacar, Kandiuora, Cheick Hamed e Michel Platini (chiamato così per un omaggio dei genitori al calciatore francese) chiedono e vogliono capire bene cos’è successo. Tutte le risposte ancora non ci sono, visto che le indagini sono in corso. Ma contro il gesto si è levato un coro di sdegno e disapprova­zione, che suona come una conferma per lo sforzo locale all’accoglienz­a. I ragazzi però, tutti fra i 20 e i 25 anni, sono inquieti e raccontano di alcuni episodi di razzismo verbale subiti in Trentino nei loro confronti. «È una cosa brutta» dice per tutti Kandioura Danfakha, 21 anni, del Senegal, il più loquace del gruppo, riferendos­i all’attentato di Roncone. «Qualcuno non vuole bene agli immigrati» riprende Michel Platini Deudjui, 22 anni. Assieme a Cheick Hamed Tourè nato nel 1992 in Costa D’Avorio, i due frequentan­o il corso italiano all’Eda, l’educazione pubblica degli adulti, e il corso per la licenza di terza media. «Ci sentiamo male, abbiamo paura perché se è successo tre volte in questi mesi potrebbe succedere ancora — dice Kandioura —. Ci sono persone che non sono contente per i profughi». I ragazzi raccontano gli episodi spiacevoli subiti in Trentino. «Un giorno sono salito sull’autobus, a Trento» prende la parola Cheick. «Con lo zaino ho urtato un signore, chiedendo scusa, ma questo ha iniziato a insultarmi. Io sono stato zitto e sono andato via». A proseguire è Kandioura. Sia lui che Cheick hanno attraversa­to la Libia e sono arrivati in Italia con i barconi. «Stavo andando a scuola assieme ad un amico. Mentre attraversa­vamo alla rotatoria vicino alla residenza un’auto si è fermata e il conducente ci ha detto “vaff..». Anche in autobus, mentre andavamo il venerdì in moschea, alcuni parlavano male di noi. Non sapevano che capiamo l’italiano».

«Per fortuna però — aggiungono — ci sono anche persone gentili e simpatiche. Ti aiutano, spiegano come funzionano le cose in Italia, ti danno consigli». Molte volte la disponibil­ità viene da chi conosce direttamen­te l’Africa. «I volontari o i missionari che sono stati nel continente sono amichevoli — afferma Boubacar, 20 anni, originario della Guinea Conakry, iscritto al corso dell’Eda —. Io ho incontrato una donna che è stata in Guinea con un gruppo di musica africana. In generale, le incomprens­ioni succedono perché le persone qui sanno poco dell’Africa».

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