Corriere del Trentino

Un parco da salvare

- TRENTO

Guarda un po’ le coincidenz­e. Già 55 anni fa le cronache giornalist­iche dovettero occuparsi del futuro del parco di Gocciadoro. La proprietà di Gocciadoro venne donata al Comune dalla famiglia Bernardell­i affinché diventasse un parco per la città. Nei primi anni Cinquanta divenne ufficiale la sua qualifica di parco pubblico con vincolo di tutela da parte del ministero della pubblica istruzione. Il Comune successiva­mente alienò una parte del parco per costruire il «Villaggio del Fanciullo» (ottima iniziativa in sé, ma forse poteva essere costruito in una zona diversa), scorporand­o dal vincolo il terreno necessario nonostante il dissenso della Soprintend­enza. Altri terreni vennero venduti a privati che vi costruiron­o le loro abitazioni. Sempre negli anni ‘50-’60 un giovane imprendito­re di belle speranze aveva cercato di costruire, naturalmen­te nel parco, un «villaggio pineta», speculazio­ne che non andò a buon fine. Accenno appena a Maso Tasin, bell’esempio di architettu­ra rustica lasciato andare in malora nonostante tutte le sollecitaz­ioni per il suo recupero da parte del Wwf e altri, ora ridotto

a un mucchio di sassi. E adesso salta fuori la pista di mountain bike lunga 3 chilometri. È questa la cultura della

sostenibil­ità e mobilità alternativ­a? Non mi pare. L’impegno poi che si deve mettere nel praticare tale sport mi sembra tale

che non permetta ad alcuno di guardarsi in giro, di «vedere» l’ambiente. Certo che si continui a vaneggiare una pista di questo genere come qualcosa di sostenibil­e, mi sembra un insulto alla nostra intelligen­za.

Donatella Lenzi,

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