Lutero, metamorfosi del monaco ribelle
Il padre della Riforma finisce sugli autobus, nei giochi e sulla birra Da Cranach a Golz, le metamorfosi iconografiche del monaco ribelle
Castel Tirolo In estate attesa una mostra sul religioso
Le Poste Vaticane si apprestano a emettere un francobollo dedicato a Lutero, nel cinquecentesimo anniversario della Riforma. La notizia, che ha già fatto infuriare Vittorio Messori e gli ambienti più conservatori del mondo cattolico, travalica i limiti della filatelia per assumere un inequivocabile valore ideologico. Individuando nella figura di Lutero una personalità degna di essere celebrata ufficialmente e di comparire senza imbarazzo sulla corrispondenza della Città del Vaticano, papa Francesco dichiara definitivamente chiusa la campagna di demonizzazione di cui il monaco di Eisleben è stato oggetto da parte della Chiesa di Roma per quasi cinque secoli. Demonizzazione che – è bene ricordare – fu reciproca, a giudicare dalle violente invettive lanciate da Lutero al romano pontefice.
L’avvenimento merita di essere preso in considerazione anche sotto il profilo storicoartistico. Il francobollo delle Poste Vaticane è infatti l’ultima manifestazione di un lungo processo che ha trasformato le sembianze del professore dell’Università di Wittenberg in un’icona planetaria. All’origine del fenomeno c’è il lavoro di un artista, Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), creatore e principale diffusore dell’iconografia di Lutero. Amico personale del teologo riformatore e per molti anni borgomastro di Wittenberg, Cranach fu il primo grande artista ad aderire alla Riforma. A partire dal 1520 la sua bottega si specializzò nella produzione di ritratti di Lutero, di sua moglie Katharina von Bora, del teologo Melantone e dei principi elettori di Sassonia, accompagnando le tappe salienti dell’affermazione del protestantesimo. Secondo una stima pubblicata nel 1934 dal «Luther-Jahrbuch», furono almeno cinquecento i ritratti di Lutero eseguiti «in vita»: il fenomeno non aveva precedenti nell’arte occidentale, poiché non era mai accaduto che le sembianze di un uomo di umili origini come Lutero, figlio di un minatore, fossero immortalate in un così grande numero di ritratti.
L’erezione di monumenti pubblici e altre iniziative commemorative segnarono la storia dei paesi riformati, specialmente nel XIX secolo, quando le piazze di Wittenberg, Eisleben, Berlino, Dresda, Erfurt, Hannover, Worms si popolarono di grandi statue del riformatore. Ma è con l’avvento del Novecento che il fenomeno dell’iconografia luterana assunse proporzioni gigantesche, diffondendosi negli Stati Uniti e sfociando nella produzione industriale di gadget e souvenir, non dissimili all’oggettistica normalmente in vendita in ogni santuario cattolico che si rispetti. Accanto alla fortuna cinematografica del soggetto – l’ultima star a prestare il volto a Lutero è stato l’attore britannico Joseph Fiennes nel 2003 – esiste una fiorente produzione di immagini luterane legata alla più disinvolta industria culturale. Una breve navigazione in rete consente di scoprire le più recenti declinazioni di questa Lutero-mania: ci sono le spille e i magneti che riproducono i ritratti di Cranach, c’è la Luther-Bier prodotta in Turingia dalla Brauerei Neunspringe, e non manca il «gioco della Riforma» in versione Playmobil.
La novità di quest’anno è la decisione delle Chiese riformate di avvalersi senza remore degli stessi canali mediatici per celebrare l’importante anniversario. E così ad Halle i tram sono stati rivestiti da gigantografie
del monaco agostiniano accompagnate da brani della sua famosa traduzione della Bibbia. E nelle bacheche delle chiese protestanti del Baden già lo scorso dicembre campeggiavano ammiccanti poster raffiguranti un giovane Lutero in T-shirt che esibisce la scritta «Ich bin so frei» (sono così libero), accanto alla citazione «Wo das Geist des Herrn ist, da ist Freiheit» (dov’è lo spirito del Signore, lì è la libertà).
Il tema ha mobilitato in anni recenti vari artisti contemporanei, che hanno lavorato prevalentemente sul piano della demitizzazione o su quello della serializzazione dell’immagine del riformatore in chiave pop. Nel 2010 Ottmar Hörl creò a Wittenberg l’installazione Martin Luther:
hier stehe ich!, collocando nella piazza principale della città 800 riproduzioni, in serie di quattro colori, della prima statua in bronzo di Lutero, che fu eretta nella stessa piazza da Johann Gottfried Schadow nel 1821. Le stesse opere sono state esposte negli anni successivi a Düsseldorf e Zurigo con la benedizione delle autorità ecclesiastiche. Lo scorso anno l’artista viennese Dorothee Golz ha ridato vita all’immagine del riformatore immaginandolo come un custode del Kunsthistorisches Museum in posa davanti ai Progenitori di Lucas Cranach, nel dipinto digitale dal titolo Herr Martin.
Anche nella nostra regione qualcosa si muove. Per la prossima estate la direzione del Museo Provinciale di Castel Tirolo annuncia una mostra sul tema Lutero e Tirolo. Religione tra riforma, emarginazione e accettazione, mentre Trento fece la sua parte già nel 2009, quando i ritratti di Lutero e Melantone della Galleria degli Uffizi furono esposti nella sede del Museo Diocesano, all’epoca diretto da monsignor Iginio Rogger. Si trattò di una «prima assoluta» per la città del Concilio e l’iniziativa, che si collocava nell’ambito di una più ampia rievocazione dell’età conciliare, non suscitò alcuna polemica. Ma non si deve dimenticare che proprio da Trento erano partiti gli anatemi contro Lutero e che, ancora nel 1943, un cattolico moderato come don Simone Weber non aveva esitato a definire la sua dottrina una «tristissima eresia».