«Testamento biologico? Legge vicina, ce la faremo»
Mina Welby: «Testamento biologico, sono fiduciosa. La Chiesa? Cambia»
«La strada da percorrere è ancora lunga ma sono fiduciosa». Mina Welby, ad Arco per la Festa della Laicità, parla della legge sulle disposizioni anticipate di trattamento: «Ce la faremo. È un passo avanti importante». Poi aggiunge: «Tante persone mi chiedono di poter morire in Svizzera».
TRENTO Undici anni fa, Piergiorgio Welby, giornalista e scrittore malato di distrofia muscolare, sceglieva di morire. Una storia privata, la sua, divenuta ben presto pubblica grazie anche all’impegno dell’instancabile Mina, sua moglie, oggi co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni. Lei, che fu la prima a stargli accanto per accompagnarlo verso la dolce morte e che da allora non ha mai smesso di combattere affinché anche l’Italia possa dotarsi di una legge sull’eutanasia, sarà oggi e domani al Laikoday di Arco, la Festa della Laicità organizzata dai Laici Trentini per i Diritti Civili. «Perché la strada da percorrere è ancora lunga — confida la donna originaria di San Candido — ma io sono ottimista».
Il 20 dicembre del 2006 si spegneva suo marito, Piergiorgio, diventato simbolo del diritto all’autodeterminazione del malato. Il suo caso ha innescato una riflessione profonda nel Paese rispetto al fine-vita, rinnovata dai casi di Eluana Englaro e, più recentemente, di dj Fabo. Cosa è cambiato da allora?
«È stato un percorso lungo e difficile: abbiamo iniziato da soli, ma oggi non siamo più soli. Abbiamo davanti una società più informata e pronta a discutere».
Perché allora la legislazione è ferma?
«Purtroppo, la politica è più indietro rispetto alla società. C’è chi si mette sulle barricate, perdendo la bussola. Politici così sono stantii, non capiscono più cosa significhi fare qualcosa per i cittadini».
Cosa ha pensato quando ha visto che in parlamento, quando si doveva discutere della legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, c’erano appena una ventina di parlamentari?
«Non mi sono stupita perché so che questo è l’iter parlamentare. Anzi, devo spezzare una lancia in questo caso a loro favore: so che alcuni parlamentari hanno lavorato molto nei gruppi e spero che tutti i partiti lascino libertà di coscienza nel voto».
Cosa pensa di questo provvedimento?
«Sono ottimista: secondo me ce la faremo. È un passo avanti importante: le persone devono poter scegliere e i medici devono poter eseguire le volontà dei pazienti. Avere un testamento biologico serve così come servirebbe una legge sull’eutanasia, ma su quella dovremo aspettare la prossima legislatura».
Cosa risponde a chi obietta che un Paese civile non può «dare» o «far dare» la morte?
«Io credo che se il suicidio non è un crimine non dovrebbe esserlo neanche l’eutanasia. E dunque, dovremmo depenalizzare chi aiuta il suicidio. È una questione di etica».
Lei conosceva dj Fabo?
«Non direttamente, ma ho conosciuto la sua compagna, l’ho abbracciata e le ho detto che è una grande donna».
La salma di dj Fabo è potuta entrare in Chiesa. Per Piergiorgio non fu così.
«La Chiesa ha fatto dei passi avanti, è più misericordiosa. A Piergiorgio questa possibilità fu negata, ma probabilmente fu una questione politica: con i Radicali sul tema dell’eutanasia stavamo facendo davvero tanto rumore».
Quante persone, invece, ricorrono all’eutanasia in maniera silenziosa e clandestina?
«Tante. Solo negli ultimi due anni, oltre 300 persone si sono rivolte alla mia associazione per chiedere di essere accompagnate in Svizzera per una morte dignitosa».
Lei ha deciso fin da primo momento di sostenere suo marito?
«In realtà no, fu molto difficile condividere la sua decisione: per diverso tempo ho cercato di aiutarlo a vivere, poi ho capito che aveva ragione. Da allora, è diventata una vera e propria battaglia contro una politica sorda in cui siamo sempre stati insieme».