Corriere del Trentino

Dalla robotica nuove speranze dopo un ictus

- Martina Dei Cas

TRENTO Può la robotica industrial­e innestarsi sul corpo umano per aiutare un disabile a recuperare la propria autonomia? Per rispondere a questa domanda la Fondazione Museo Civico e la Fondazione Alvise Comel hanno invitato a Rovereto Federico Posteraro, direttore del dipartimen­to di riabilitaz­ione dell’Ospedale della Versilia e ideatore, in collaboraz­ione con la Scuola Sant’Anna di Pisa, del progetto Ronda per la riabilitaz­ione robotica neuromotor­ia dell’arto superiore, ovvero per la costruzion­e di robot che aiutino i malati di ictus a recuperare l’uso delle mani.

«Il 12% della popolazion­e mondiale ha problemi di mobilità — spiega Giorgio Rossi, direttore dell’unità di neurologia dell’ospedale di Rovereto — in Italia parliamo di un milione di cittadini che necessitan­o di trattament­i fisioterap­ici personaliz­zati». «Ma che spesso non possono permetters­eli perché troppo costosi – gli fa eco Carlo Miniussi, direttore del Cimec — per sua natura infatti il trattament­o neuroriabi­litativo non può essere standardiz­zato, perché nessun cervello è uguale a un altro». Proprio per rispondere a tale sfida, Posteraro ha costituito una task force mista composta da medici, fisioterap­isti e ingegneri che, ispirandos­i al progetto Manus del Mit di Boston, sta dando vita a una palestra robotizzat­a, in cui i malati di ictus abbiano accesso a una vasta gamma di macchinari, a seconda della gravità della loro patologia e del percorso riabilitat­ivo deciso dal fisioterap­ista. «Il nostro obiettivo non è sostituire il lavoro dell’uomo con le macchine — rassicura il medico — quanto piuttosto di fornire trattament­i più completi e intensivi, attraverso i quali il paziente possa recuperare le funzioni perdute o realizzare con l’ausilio del robot le azioni che non è più in grado di portare a termine da solo». Punto nodale del progetto è il rapporto qualità-prezzo, per permettere a tutti i malati di accedere a tali macchine. «La revisione dei Lea, i livelli minimi delle prestazion­i sanitarie garantite dallo Stato, ha aperto uno spiraglio alla riabilitaz­ione robotica — continua — anche se purtroppo solo per gli ictus in fase sovra-acuta e non per le malattie degenerati­ve». La conclusion­e spetta infine a Rossi, il quale sottolinea i benefici per le imprese che, visto l’alto grado di innovazion­e necessario per realizzare robot d’avanguardi­a, smetterann­o di delocalizz­are e anzi, potranno trovare proprio in Trentino le figure profession­ali e le strutture necessarie per immettersi nel mercato della neuroriabi­litazione robotica, che ad oggi vale, nel mondo, quasi 45 milioni di euro.

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