Dalla robotica nuove speranze dopo un ictus
TRENTO Può la robotica industriale innestarsi sul corpo umano per aiutare un disabile a recuperare la propria autonomia? Per rispondere a questa domanda la Fondazione Museo Civico e la Fondazione Alvise Comel hanno invitato a Rovereto Federico Posteraro, direttore del dipartimento di riabilitazione dell’Ospedale della Versilia e ideatore, in collaborazione con la Scuola Sant’Anna di Pisa, del progetto Ronda per la riabilitazione robotica neuromotoria dell’arto superiore, ovvero per la costruzione di robot che aiutino i malati di ictus a recuperare l’uso delle mani.
«Il 12% della popolazione mondiale ha problemi di mobilità — spiega Giorgio Rossi, direttore dell’unità di neurologia dell’ospedale di Rovereto — in Italia parliamo di un milione di cittadini che necessitano di trattamenti fisioterapici personalizzati». «Ma che spesso non possono permetterseli perché troppo costosi – gli fa eco Carlo Miniussi, direttore del Cimec — per sua natura infatti il trattamento neuroriabilitativo non può essere standardizzato, perché nessun cervello è uguale a un altro». Proprio per rispondere a tale sfida, Posteraro ha costituito una task force mista composta da medici, fisioterapisti e ingegneri che, ispirandosi al progetto Manus del Mit di Boston, sta dando vita a una palestra robotizzata, in cui i malati di ictus abbiano accesso a una vasta gamma di macchinari, a seconda della gravità della loro patologia e del percorso riabilitativo deciso dal fisioterapista. «Il nostro obiettivo non è sostituire il lavoro dell’uomo con le macchine — rassicura il medico — quanto piuttosto di fornire trattamenti più completi e intensivi, attraverso i quali il paziente possa recuperare le funzioni perdute o realizzare con l’ausilio del robot le azioni che non è più in grado di portare a termine da solo». Punto nodale del progetto è il rapporto qualità-prezzo, per permettere a tutti i malati di accedere a tali macchine. «La revisione dei Lea, i livelli minimi delle prestazioni sanitarie garantite dallo Stato, ha aperto uno spiraglio alla riabilitazione robotica — continua — anche se purtroppo solo per gli ictus in fase sovra-acuta e non per le malattie degenerative». La conclusione spetta infine a Rossi, il quale sottolinea i benefici per le imprese che, visto l’alto grado di innovazione necessario per realizzare robot d’avanguardia, smetteranno di delocalizzare e anzi, potranno trovare proprio in Trentino le figure professionali e le strutture necessarie per immettersi nel mercato della neuroriabilitazione robotica, che ad oggi vale, nel mondo, quasi 45 milioni di euro.