Corriere del Trentino

Le nozze di Figaro

Bolzano Domani e domenica al Comunale per la stagione della Haydn Lošek: «È un’opera piena di fermenti e spunti anche per il giorno d’oggi»

- Lucia Munaro

«L’opera Le nozze

di Figaro rappresent­ata per la prima volta a Vienna nel 1786 è una creazione dell’Illuminism­o e di illuminism­o abbiamo bisogno sempre, anche oggi in cui tante conquiste sociali degli ultimi decenni che pensavamo scontate vengono messe in dubbio». Matthias Lošek, direttore artistico della stagione operistica regionale ricorda come l’opera di Mozart, che andrà in scena domani e domenica al Teatro Comunale di Bolzano per la stagione della Fondazione Haydn in un allestimen­to in coproduzio­ne con Oper Leipzig, non sia una cosa del passato da rispolvera­re bensì abbia un messaggio ancora attuale.

Matthias Lošek, «Le nozze di Figaro» è l’unico appuntamen­to con il repertorio operistico tradiziona­le della stagione 2016-17, le altre opere in cartellone sono tutte di autori contempora­nei, come mai questa scelta?

«La scelta di quest’opera si inserisce in una programmaz­ione triennale che ho voluto dedicare principalm­ente all’opera del 20 e 21esimo secolo e con cui ho inteso indagare l’ironia della vita, lo scorso anno, e quest’anno la forme dell’amore con i suoi lati crudeli. Oltre alla musica intramonta­bile di Mozart anche la tematica di quest’opera scritta quando il mondo fuori precipitav­a verso la Rivoluzion­e francese è piena di fermenti e offre molti spunti per riallaccia­rsi al mondo reale in cui viviamo oggi. La mia convinzion­e è che l’opera come espression­e artistica non sia qualcosa di lontano da noi, ma rispecchi sentimenti che proviamo tutti nel quotidiano. Mozart insieme a Shakespear­e è stato un maestro nel mostrare come commedia e tragedia siano inseparabi­li

nella vita umana. A volte noi stessi non sappiamo se stiamo vivendo una o l’altra». Cosa identifica la produzione in scena a Bolzano?

«Conosco il regista Gil Mehmert ancora dal Festival di Bregenz, dove io dirigevo la sezione contempora­nea e lui algenerazi­one lestì un lavoro sulla figura del rivoluzion­ario polacco Karl Radek. È un regista multimedia­le, dal film al musical e all’opera. Qui ha ambientato l’opera negli anni Sessanta del secolo scorso, anche un’epoca di cambiament­o radicale, di ribellione nei confronti della

precedente. Mentre si è soliti rappresent­are il conte di Almaviva come un vecchio propenso a esercitare lo jus primae noctis come una violenza, in questo allestimen­to i personaggi compreso il conte sono tutti innamorati, vittime dell’amore e un po’ persi». Per lei cos’è l’opera e cosa deve dare al pubblico?

«Non si può pensare di andare a teatro e all’opera come in un supermarke­t, dove troviamo e prendiamo un prodotto da uno scaffale. Per me l’opera e l’arte in generale sono espression­i che hanno a che fare con la realtà in cui viviamo, in cui troviamo la nostre immagine riflessa. Limitarsi al repertorio tradiziona­le senza includere l’opera contempora­nea sarebbe per me ridurre l’opera a un museo, mentre l’opera ha a che fare col presente». Anche a costo di ridurre il numero di spettatori?

«Non è il caso di Bolzano e Trento, abbiamo riscontri confortant­i sia di pubblico che della critica. È recentissi­mo il prestigios­o premio Abbiati all’opera Written on skin con cui abbiamo aperto questa stagione».

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In scena Matthias Lošek, direttore artistico della stagione operistica regionale ricorda come l’opera di Mozart, in un allestimen­to in coproduzio­ne con Oper Leipzig, non sia una cosa del passato ma abbia un messaggio ancora attuale

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