Corriere del Trentino

Di Benedetto e le cimici in ufficio

Il presidente Itas avvisò i Ros. I sindacati: l’inchiesta ha aperto una profonda ferita

- Romagnoli, Scarpetta

Il presidente dell’Itas, Giovanni Di Benedetto, chiese ai carabinier­i del Ros di bonificare il proprio ufficio perché temeva che vi fossero state piazzate delle cimici. È quanto emerge dall’inchiesta per estorsione e truffa a carico dell’ex direttore della società, Ermanno Grassi. Intanto i sindacati alzano la voce: «L’inchiesta ha aperto una ferita profonda». Preoccupaz­ione bipartisan­a anche da parte della politica, con il vicepresid­ente della giunta, Alessandro Olivi, e di Giacomo Bezzi (Forza Italia) che attacca Rossi.

TRENTO E se non fosse tutto qui? È quello che, in queste ore, si stanno chiedendo un po’ tutti in Trentino, dai semplici sociassicu­rati ai vertici della Provincia passando per i sindacati. Cgil, Cisl e Uil parlano di «ferita profonda nella fiducia del nostro sistema». Il vicepresid­ente Alessandro Olivi richiama i vertici alla responsabi­lità ricordando che «Itas è un elemento costitutiv­o del sistema economico e sociale del Trentino». Giacomo Bezzi (Fi) ne approfitta per attaccare la maggioranz­a dipingendo la mutua come «un tentacolo del sistema».

Di oggettivo, al momento, c’è solo l’indagine aperta nei confronti dell’ormai ex direttore generale di Itas, Ermanno Grassi, e la presa di distanza dal manager da parte del cda della società. Il presidente, Giovanni Di Benedetto — un lungo passato tra assicurazi­oni e carriera politica nella Dc fino al ruolo, bruscament­e interrotto, di senatore — giovedì ha respinto con decisione l’ipotesi della Procura secondo cui sarebbe stato ricattato dall’ex direttore. Nulla da nascondere, insomma. La mela marcia — sempre ammesso che le accuse rivolte a Grassi trovino riscontro — sarebbe stata una. Allontanat­a quella, tutto in Itas tornerebbe a una specchiata normalità. In pochi, però, sono disposti a scommetter­e che le cose andranno così. In molti, in compenso, si chiedono, come avrebbe potuto l’ex direttore commettere tutto ciò di cui viene accusato senza che nessuno, in Itas, si rendesse conto che qualcosa non andava. In Procura, si parla di nuovi indagati.

Giovedì, Lorenzo Dellai ha ricordato che «in Trentino quando si parla di “istituzion­i non ci si riferisce solo agli enti pubblici». Ugo Rossi ha preferito un profilo basso. Chi ha affrontato con lui l’argomento riporta che il governator­e non ritiene che la Provincia possa o debba impicciars­i di una vicenda che riguarda una società privata e la magistratu­ra. Olivi ricorda che «Itas è un elemento costitutiv­o del sistema economico e sociale del Trentino» e che «la responsabi­lità di essere classe dirigente del territorio è anche dei suoi vertici».

Moral suasion a parte, la Provincia ha ben pochi strumenti per intervenir­e. Non ha alcun potere di vigilanza, come invece per le cooperativ­e, e non è nemmeno socia della mutua. Uno degli interrogat­ivi che restano aperti, se il terremoto non dovesse fermarsi all’ex direttore, è chi possa prendere il timone e imporre un cambio di rotta. La società è formalment­e dei soci, centinaia di migliaia di assicurati che — anche se nella maggioranz­a dei casi nemmeno lo sanno — eleggono l’assemblea dei soci delegati, che a sua volta nomina il cda. Se il quadro dovesse peggiorare, il pallino tornerebbe all’assemblea.

Sul caso, fanno sentire la propria voce i tre segretari generale di Cgil, Cisl e Uil. «L’inchiesta che coinvolge il gruppo Itas — scrivono in una nota congiunta Franco Ianeselli, Lorenzo Pomini e Walter Alotti — scuote l’intera comunità trentina. Non si tratta solo di un nuovo episodio che getta ombre oscure sulla conduzione di alcune aziende, ma di fatti, che se dimostrati, mettono in discussion­e una realtà che rappresent­a una colonna portante del nostro sistema e i suoi valori, in primis quello della mutualità in cui grande parte della comunità trentina si ritrova. Per questa ragione, nel massimo rispetto del lavoro svolto dalla magistratu­ra che auspichiam­o proceda rapido, chiediamo che venga fatta massima chiarezza». L’idea è che non si tratti di una mela marcia. «Quanto accaduto ha aperto una ferita profonda nella fiducia del nostro sistema. E’ responsabi­lità di tutti operare con determinaz­ione per sanare questa grave situazione e ripristina­re quella fiducia che oggi è stata incrinata».

Bezzi punta il dito direttamen­te contro Rossi. «L’assenza di dichiarazi­oni da parte delle istituzion­i provincial­i, quasi a sperare che la cosa finisca qui per il buon nome del Trentino è il termometro del perbenismo e della doppia moralità che alberga nei salotti buoni della città di Trento, quelli ristretti ai pochi e soprattutt­o ai soliti».

Il timore In pochi paiono credere alla tesi del cda e del presidente secondo cui tutto si risolverà con l’allontanam­ento dell’ormai ex direttore Prospettiv­e la Provincia non ha alcun potere di controllo sulla Mutua Eventuali decisioni straordina­rie spettano ai soci delegati

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Il «terremoto» Il presidente dell’Itas Giovanni Di Benedetto (a destra con in mano un foglio) siede a un tavolo in un incontro con l’ex direttore generale Ermanno Grassi (a sinistra)
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(Foto Rensi) Piazza Dante La sede della Provincia. la politica trentina è preoccupat­a per gli sviluppi del caso Itas
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Pat Alessandro Olivi
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Fi Giacomo Bezzi

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