Penne, orologi, vestiti come gadget aziendali
Cadeaux raffinati e preziosi raccolti in un armadio. La scelta da un catalogo
Diversi tipi di gadget ed omaggi aziendali. Di diversi livelli: da costosi abiti firmati a beni un po’ più pregiati o raffinati. Che sarebbero stati destinati a dipendenti meritevoli del gruppo, ma anche a eventuali interlocutori esterni. Un quadro di acquisti, anche di beni di lusso (quali vassoi d’argento, scatole in pelle, arredi e penne di marca): questo sarebbe quello che emergerebbe a margine della vicenda (a sé stante rispetto al lavoro degli inquirenti che vedono indagato l’ex direttore Ermanno Grassi) finita davanti al giudice del lavoro dopo l’impugnazione di una ex dipendente di un provvedimento di demansionamento e un licenziamento.
Una vicenda che in primo grado si è conclusa con la tesi della donna respinta, ma che ora prosegue in appello. Una causa di lavoro nell’ambito della quale l’ex dipendente sarebbe stata denunciata dall’ex direttore generale per diffamazione in relazione ad alcuni racconti. Affermazioni che dipingerebbero un quadro di premialità che avrebbe visto nella sede la presenza di un armadio chiuso a chiave, contenente alcuni beni di lusso. Inizialmente (sempre secondo la ricostruzione di parte) ai dipendenti più meritevoli sarebbero stati dati una sorta di buoni acquisto, la facoltà di recarsi in negozi ed acquistare per sé vestiti, borse (anche di diverse marche molto note). Merce che sarebbe stata poi, direttamente o indirettamente, fatturata al gruppo. In un secondo momento sarebbe invece spuntato un armadio delle meraviglie. Una sorta di guardaroba dove sarebbero stati contenuti i benefit per dipendenti e omaggi di rappresentanza. A cui si sarebbero affiancati dei regali promozionali.
A Natale ci sarebbe stata la necessità di aumentare l’approvvigionamento delle merci, che sarebbero acquistate dopo aver stilato una lista, anche in più negozi a Trento, ma anche a Verona, Udine, Milano. In alcuni casi i gadget sarebbero stati richiesti tramite email, come in un’ordinazione. Sarebbe (ma anche l’attendibilità di questa versione è tutta da dimostrare) anche stato predisposto un catalogo dei beni pensati come benefit, dal quale sarebbe stato possibile scegliere i cadeaux. Ancora, budget importanti sarebbero stati stanziati per acquisti di rappresentanza (le cifre sfiorerebbero i 500.000 euro all’anno). Sarà la magistratura a dichiarare l’attendibilità o meno di queste dichiarazioni la cui presenza nelle carte va registrata solo come un fatto storico.