Il tocco di Lonquich
Il recital Il pianista tedesco ospite sabato al Conservatorio di Bolzano Ricordando Rubinstein: «Mi disse: ti do dei consigli ma non seguirli»
Per provare a comprendere quanto sia febbrile (ma soprattutto felice) l’attesa per il recital bolzanino di Alexander Lonquich di sabato prossimo 22 aprile (alle 18 al Conservatorio, organizza la Società dei concerti con la direzione artistica di Josef Lanz), occorre far parlare il sublime pianista, tedesco di Trier e molto legato all’Italia.
A lungo non assisteremo ad altri concerti, non solo in regione, del maestro germanico.
Legatissimo a repertori schubertiani e schumanniani (come confermerà anche a Bolzano) Lonquich ha l’esprit irresistibile di affermare che vorrebbe riportare in vita «Mozart, per poterlo vedere al lavoro». E a quale altro compositore vorrebbe carpire qualche segreto? «Mozart, ancora lui».
Una verve così elegante e allusiva arriva per Lonquich da lontano. Del resto, uno dei suo grandi insegnanti è stato Arthur Rubinstein. Racconta Lonquich: «Mi disse “Io ti do dei consigli, ma tu non devi seguirli”. Ma era un uomo che aveva settant’anni più di me, mi ha aiutato con l’affetto e mi ha detto una sola cosa davvero importante: “Bisogna studiare e cantare la musica senza il pianoforte, senza suonare, perché l’arte è naturale o non è arte. È naturale, non si impara e neppure si può spiegare”, ecco».
E ancora: «Personalmente ritengo di non avere maestri, la vita è il maestro. Penso da qualche anno di aver trovato il mio stile, non rifiuto la tradizione ma ne sono abbastanza indifferente; non ascolto quasi mai incisioni, soprattutto di pianisti. Per me è più importante ascoltare Tosca, Tabarro o la polifonia del Rinascimento».
Dunque, sarà la musica a salvare questo pianeta dilaniato? «La musica non salva nessuno, ma può aiutare alla comprensione dei punti di comprensione collettiva, questo sì».
Alexander Lonquich è uno degli interpreti più autorevoli del nostro tempo, sia in qualicarriera tà di solista che come camerista. Grazie alla sua toccante musicalità, al virtuosismo impressionante e alla fulminante immediatezza della sua resa musicale è regolarmente ospite di molti Festival internazionali.
Accanto alla sua eccellente come solista, Alexander Lonquich è anche un’entusiasta partner camerista di artisti quali Nicolas Altstaedt, Vilde Frang, Nilo Mönkemeyer, Joshua Bell, Renaud Capuçon, Veronika Hagen, Steven Isserlis, Leonidas Kavakos, Heinrich Schiff, Christian Tetzlaff, Frank Peter Zimmermann, il Tokyo Quartett e molti altri ancora. Fra le sue massime artistiche, Lonquich menziona la seguente come una delle più importanti: «Ogni incontro con un’opera d’arte è contemporaneamente scandagliare la propria condizione esistenziale. Solo così fare musica acquista un senso».
Il 22 aprile a Bolzano, Lonquich eseguirà la Sonata in do minore D 958 di Schubert, le Davidsbündlertänze di Schumann e la Sonata «27 aprile 1945» di Karl Amadeus Hartmann, composta nel pieno delle crudeltà della seconda guerra mondiale: «Il 27 e il 28 aprile 1945 davanti a noi è passato trascinandosi un fiume di persone proveniente dal campo di concentramento di Dachau. Il flusso era interminabile come interminabile era la miseria, come interminabile era il dolore».