Profumo di cacao e miele Ecco le vere Clematidi
Le clematidi con il fiore grande come un piatto da dessert, a colori violenti, viola, blu, rosso cardinale, non mi piacciono, mi sembrano — pardon — fiori da nuovi ricchi. Sono troppo appariscenti, esseri viziati da troppe selezioni. Hanno poi il vezzo di morire improvvisamente, soprattutto in primavera, senza una ragione plausibile, lasciando i proprietari, per dirla in dialetto trentino, «malsaoridi»; nel frattempo si è scoperto che sono attaccate da un virus. Son anche difficili da potare, guai lasciarle crescere perché diventerebbero un ammasso scomposto di rami, e guai a potarle nel momento sbagliato, pena la perdita della fioritura o persino della pianta.
Perciò lascio senza rimorsi le varietà moderne di clematidi nei loro vasi nei vivai. In giardino ho fatto crescere la sontuosa Clematis armandii, dal profumo di miele e di mandorle, che già in marzo lancia i suoi festoni su un noce ahimè malandato, ricadendo dai rami come un tendaggio fittamente fiorito di bianco, e la generosa Clematis montana, che regala una profusione di fiori rosa primaverili in aprile e odora come il cioccolato al latte. Amo anche la vigorosa Clematis tangutica, con fitti fiori gialli a campanella che si aprono copiosi da luglio. Sono tutte varietà spontanee, con pochi grilli o mattane da primedonne, con pochissime pretese, si arrangiano da sole, basta che nei primi anni dopo il trapianto ci si ricordi di innaffiarle regolarmente.
Della grande famiglia delle Ranunculaceae, la clematide deve il suo nome botanico al greco «klema», viticcio. La variante europea più comune, Clematis vitalba, in italiano vitalba, barbagrigia, viburno dei poveri, cresce nell’ intrico nei boschi, emette vere e proprie liane lunghe decine di metri, creando un effetto giungla; le ramaglie erano usate una volta come legacci o per fabbricare robusti cesti. Fiorisce in luglio; in inverno ne vediamo i semi, ciuffi piumati color grigio, amati anche dagli uccelli che li raccolgono per imbottirne i nidi. Anche la Clematis viticella, la flammula, la cirrhosa e la recta sono europee, preferiscono però crescere in zone temperate. Hanno le clematidi una lunga storia, in Inghilterra e in Germania son piante amatissime. Entrambi i Paesi producono sempre più appariscenti varietà. Le prime notizie dai giardini sono del 1569. Nel 1676 entrano in Europa le specie asiatiche. Sono stati inglesi e poi germanici a iniziare con innesti e incroci. Nel 1872 siamo all’apoteosi: George Jackmann pubblica un volume The Clematis as a Garden Flower, descrivendo più di duecento specie e varietà. Per coltivazione e cure, al prossimo martedì.