Corriere del Trentino

Profumo di cacao e miele Ecco le vere Clematidi

- Di Martha Canestrini angolodeig­iardini@gmail.com

Le clematidi con il fiore grande come un piatto da dessert, a colori violenti, viola, blu, rosso cardinale, non mi piacciono, mi sembrano — pardon — fiori da nuovi ricchi. Sono troppo appariscen­ti, esseri viziati da troppe selezioni. Hanno poi il vezzo di morire improvvisa­mente, soprattutt­o in primavera, senza una ragione plausibile, lasciando i proprietar­i, per dirla in dialetto trentino, «malsaoridi»; nel frattempo si è scoperto che sono attaccate da un virus. Son anche difficili da potare, guai lasciarle crescere perché diventereb­bero un ammasso scomposto di rami, e guai a potarle nel momento sbagliato, pena la perdita della fioritura o persino della pianta.

Perciò lascio senza rimorsi le varietà moderne di clematidi nei loro vasi nei vivai. In giardino ho fatto crescere la sontuosa Clematis armandii, dal profumo di miele e di mandorle, che già in marzo lancia i suoi festoni su un noce ahimè malandato, ricadendo dai rami come un tendaggio fittamente fiorito di bianco, e la generosa Clematis montana, che regala una profusione di fiori rosa primaveril­i in aprile e odora come il cioccolato al latte. Amo anche la vigorosa Clematis tangutica, con fitti fiori gialli a campanella che si aprono copiosi da luglio. Sono tutte varietà spontanee, con pochi grilli o mattane da primedonne, con pochissime pretese, si arrangiano da sole, basta che nei primi anni dopo il trapianto ci si ricordi di innaffiarl­e regolarmen­te.

Della grande famiglia delle Ranunculac­eae, la clematide deve il suo nome botanico al greco «klema», viticcio. La variante europea più comune, Clematis vitalba, in italiano vitalba, barbagrigi­a, viburno dei poveri, cresce nell’ intrico nei boschi, emette vere e proprie liane lunghe decine di metri, creando un effetto giungla; le ramaglie erano usate una volta come legacci o per fabbricare robusti cesti. Fiorisce in luglio; in inverno ne vediamo i semi, ciuffi piumati color grigio, amati anche dagli uccelli che li raccolgono per imbottirne i nidi. Anche la Clematis viticella, la flammula, la cirrhosa e la recta sono europee, preferisco­no però crescere in zone temperate. Hanno le clematidi una lunga storia, in Inghilterr­a e in Germania son piante amatissime. Entrambi i Paesi producono sempre più appariscen­ti varietà. Le prime notizie dai giardini sono del 1569. Nel 1676 entrano in Europa le specie asiatiche. Sono stati inglesi e poi germanici a iniziare con innesti e incroci. Nel 1872 siamo all’apoteosi: George Jackmann pubblica un volume The Clematis as a Garden Flower, descrivend­o più di duecento specie e varietà. Per coltivazio­ne e cure, al prossimo martedì.

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