Caos tra i delegati, soci divisi sul futuro
I rumors in attesa dall’assemblea del 27. Il silenzio del board e lo smarrimento dei lavoratori
TRENTO C’è una grande confusione all’interno di Itas Mutua in questi giorni. L’inchiesta sul direttore generale della nota compagnia trentina ha scatenato un vero terremoto. Non solo tra i dipendenti, imbarazzati e preoccupati per il loro futuro e per la società che, per ora, dopo la primissima dichiarazione rilasciata dal presidente Giovanni Di Benedetto, ha scelto la via del silenzio, non solo all’esterno, ma anche all’interno dell’azienda.
Poi ci sono i soci delegati sempre più divisi. In vista dell’assemblea del 27 aprile prossimo, un appuntamento importante per Itas, c’è chi invoca l’azzeramento dell’intero consiglio di amministrazione, presidente compreso, e chi invece preferisce la via della prudenza. Alcuni difendono Di Benedetto, «perché cos’altro poteva fare?», si chiedono, mentre altri ritengono che solo con un ricambio totale Itas potrà ritornare ad essere la compagnia assicurativa solida e apprezzata di sempre. Qualunque sia la verità processuale e non, c’è voglia di voltare pagina e chiudere al più presto questo capitolo, poco edificante per la compagnia assicurativa. In ballo c’è molto, anche il paventato quarto mandato a Di Benedetto che dalla sua parte ha comunque i numeri. Il bilancio del 2016 ha confermato la dinamica espansiva degli ultimi anni con un utile di gruppo, prima delle tasse, pari a 25,6 milioni di euro, i soci sono arrivati a quota 700.000 e dopo l’acquisizione delle filiali italiane dell’inglese Rsa Itas Mutua è all’ottavo posto nel ramo danni.
Risultati prestigiosi che Di Benedetto si potrebbe giocare per puntare a un quarto mandato (il suo incarico scade nel 2018), all’ordine del giorno dell’assemblea c’è proprio la modifica dello Statuto per permettere al presidente di continuare il suo lavoro in Itas, ma ora la sua guida è stata offuscata dalla vicenda giudiziaria che ha travolto il suo direttore generale. L’accusa che molti soci gli rivolgono è quella di essersi mosso troppo tardi. L’azienda sarebbe intervenuta a fine anno, quando, però, erano già arrivati i carabinieri del Ros e l’inchiesta era avanti. La compagnia, secondo alcuni, sarebbe intervenuta in deciso ritardo. In questi giorni ci sono state diverse riunioni straordinarie nelle agenzie. Il clima è teso, anche tra i consiglieri, alcuni di loro sono imbufaliti per quanto accaduto.
Non va meglio tra i dipendenti tra paura e imbarazzo. I fedelissimi di Grassi temono di essere travolti dall’inchiestascandalo, non tanto sotto un profilo penale, che è tutto da dimostrare, quanto per il loro lavoro all’interno della compagnia. Si respira una grande incertezza, ma al momento l’azienda preferisce mantenere un profilo basso, nessuno dice nulla, neppure il cda avrebbe preso posizione rispetto alla delicata inchiesta della Procura trentina.