Corriere del Trentino

VUOTO SIMBOLICO DA INTERPRETA­RE

- Di Paola Giacomoni

Ha colpito, dopo le ultime tornate elettorali internazio­nali, il ritorno del contrasto tra città e campagna che credevamo superato. Negli Usa, nel Regno Unito e ora in Turchia le elezioni sembrano dominate da tale contrappos­izione che ci fa pensare agli anni Cinquanta o addirittur­a alla Vandea. Con la campagna che la spunta, sempre di misura, e alla fine vince contro la città. Ma si tratta davvero di campagna, di contado ignorante e umile contro le città progressis­te? Ho notato una parola chiave usata molto anche a sinistra nella propaganda elettorale francese e negli Stati Uniti: protezione. La «campagna» ha paura e chiede maggiori tutele: chi in termini di dazi doganali, chi di riconoscim­ento sociale e identitari­o, sentito come perduto. Cerca personaggi carismatic­i o addirittur­a l’«uomo forte». Ma, ripeto, si tratta davvero della campagna? Guardandos­i intorno in Trentino, è difficile crederlo. Non solo parecchi giovani sono di nuovo attratti da una vita più vicina alla natura, ma anche le coltivazio­ni tradiziona­li si stanno differenzi­ando verso direzioni più sostenibil­i. Qualche cantina prova a limitare i bisolfiti di potassio per un vino più difficile da conservare ma meno «costruito», molte colture si rinnovano e si offrono prodotti «bio» nelle malghe di montagna. Scelte vegetarian­e o vegane aumentano tra i giovani, per tendenza, ma non solo. Persino i cacciatori cercano di trovare posto in un’etica della natura. Qualcuno pensa che dobbiamo tornare al passato, ma un miglior uso della tecnica sembra invece offrire soluzioni nuove, sovvertend­o antiche opposizion­i. Non credo sia questa campagna a chiedere di essere «protetta». C’è qualcuno che non si sente abbastanza «riconosciu­to» anche nelle città. È gente «normale» che tuttavia si percepisce come sotto privilegia­ta, dimenticat­a: c’ è un vuoto simbolico che va interpreta­to. Qualche studioso osserva che la mancanza di riconoscim­ento va considerat­a una patologia sociale. Se non si decifra questo scontento, questa paura o questa rabbia, il silenzio rancoroso aumenterà e si troverà — già si vede — chi dice che la regola democratic­a basata sul numero non conta più e bisogna recuperare lo «spirito del popolo». La «campagna» di oggi non è più quella meridional­e di «Rocco e i suoi fratelli». È un convergere indistinto di identità incerte, disarticol­ate, povere nei simboli più che nelle tasche . Prendiamo una lente, per favore: a Trento c’è anche una storica facoltà di Sociologia. Si provi a capirci qualcosa con nuovi strumenti.

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