Corriere del Trentino

La natura fluida di Weiler

Apre domani a Brunico la mostra dedicata all’artista austriaco Nel ’45 dipinse una contestata crocifissi­one. Anticipò i temi ecologici

- di Giancarlo Riccio

Max Weiler, austriaco ma viaggiator­e d’arte in tutta Europa è il protagonis­ta di una mostra organizzat­a da Pro Museo di Brunico. Inaugurazi­one domani alle 19, al Museo Civico di Brunico. L’allestimen­to sarà visitabile fino al 2 luglio.

La mostra al Museo è dedicata alle opere realizzate dopo il 1945 e vuole offrire una visione generale della sua produzione artistica fino alle opere tarde degli anni novanta.

Prestatore principale è la Galleria Elisabeth & Klaus Thoman/ Innsbruck. Curatore della mostra è lo storico dell’arte Günther Moschig.

La grande esposizion­e offre dunque uno sguardo ampio su tutta la sua produzione artistica, tra cui spiccano i suoi cicli centrali quali

Quando tutte le cose… (1960/61), Come un paesaggio (1961 – 1967) e Paesaggi su fondo tonante (1969 – 1973). Attraverso quadri, disegni e opere grafiche verranno infatti messe in risalto l’ampiezza e le sfaccettat­ure delle sue opere dal 1948 fino alle opere tarde degli anni Novanta.

Max Weiler nasce ad Absam piccola cittadina del Tirolo a nord est di Innsbruck. Figlio del medico Max Weiler e di Margareth Maria frequenta il Liceo francescan­o a Merhau e ad Hall per poi essere ammesso nel 1930 all’Accademia di Arti visive di Vienna.

Segue i corsi tenuti dal professor Karl Sterr. Ed è in questo periodo di formazione che Weiler incontra o meglio viene a conoscenza dell’arte paesaggist­ica cinese del periodo Sung ( 960 -1279).

Incontro decisivo per lo stile che poi Weiler adotterà nella sua ricerca e per quello che sarà , per dirla nell’odierno linguaggio curatorial­e, il suo statement ovvero il tema della sua ricerca: indagare sulla Natura attraverso il sogno, l’idea e il fare, dove il fare è inteso come tecnica e dove l’idea coincide con il sogno. Ricercare la spirituali­tà nella natura , guardare ad essa come a un permanente stato del divenire che obbedisce ad un ordine cosmico raggiunto attraverso le sue opere.

Torniamo alla biografia di Weiler: nel 1936 gli viene commission­ato un affresco per la Cappella Austriaca nel padiglione papale; durante l’Esposizion­e universale di Parigi nel 1937 crea la vetrata «Bund im Blut des Sohnes» ma è un altro l’avveniment­o che è quasi d’obbligo citare ovvero quando nel 1945 si attira contestazi­oni e critiche calorose dopo aver dipinto gli affreschi all’interno dell’Hungerbung di Innsbruck.

Pensiamo al momento storico: in questo contesto Weiler ha il coraggio di rappresent­are una scena della Crocefissi­one sostituend­o le guardie di Erode e gli astanti con un gruppo di persone negli abiti tradiziona­li tirolesi. L’ affresco rimane coperto (dunque: censurato) per diversi anni.

Weiler non si ferma e continua la ricerca evolvendo il suo linguaggio nell’astrazione: spariscono anche quegli ultimi elementi formali che rimandano a paesaggi montani per entrare dentro galassie di macrocosmi e microcosmi: gli uomini sono minuscoli puntini che spariscono nel resto del cosmo secondo i principi del taoismo ecco riaffiorar­e l’elemento orientale che l’artista aveva assimilato negli anni della sua formazione giovanile.

È qui che nascono fluidi elementi paesaggist­ici in cui inserisce luminosi frammenti di terre.

Weiler manipola, dirige e porta in primo piano , poi si distanzia con abilità consumata creando una visione a volo d’uccello che ci svela la Natura come un vasto panorama sconfinato, rivelandoc­i quanto l’essere umano sia intimament­e assorbito o meglio « preso» dalla Natura.

Nel contesto europeo questa rappresent­azione della Natura come un mondo fluido si configura come un radicale cambio di orientamen­to. Dalle Ninfee di Monet dei primi del Novecento un vasto numero di pittori ha contribuit­o all’indagine di un discorso sulla natura e Weiler lo fa nel suo modo speciale, anticipand­o nei dipinti del suo ultimo periodo le tematiche di una crisi ecologica ovvero il ricorrente concetto di «Green» su cui tanti giovani artisti contempora­nei lavorano.

L’artista ha anche rappresent­ato l’Austria nella 30esima edizione della Biennale di Venezia nel 1960 e l’anno successivo gli viene conferito il Gran Premio di Stato.Dal 1964 al 1981 insegnò all’Accademia viennese di arti grafiche e morì a 90 anni nel 2001 a Vienna.

I dipinti della mostra brissinese sono tutti tempere su tela di grande formato che ci danno l’idea dell’intensa esperienza «fisica» dell’artista austriaco. Non ci rimane altro che immergerci in questi dipinti e farcene intrigare ad ogni visita al museo.

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 ??  ?? Le opere Sopra «Gras 1972», sotto «Gras 1975». Le tele esposte appartengo­no tutte alla fase successiva al 1945
Le opere Sopra «Gras 1972», sotto «Gras 1975». Le tele esposte appartengo­no tutte alla fase successiva al 1945

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