Lampedusa, il mare, la disperazione «Siamo cambiati»
Il racconto di ritorno dal viaggio. Il docente: «Il nostro compito è aiutare a costruire valori civili»
TRENTO L’aereo è atterrato ieri sera alle 20.30 a Linate. A bordo, nel viaggio di ritorno a Trento, gli studenti delle classi quarta E del liceo scientifico Da Vinci e quarta B di quello musicale Bonporti, assieme agli insegnanti. Con loro il carico in più delle emozioni e degli incontri vissuti nei quattro giorni a Lampedusa, splendida isola nel Mediterraneo e avamposto italiano di un fenomeno attuale e drammatico come la migrazione.
Le ragazze e i ragazzi delle due quarte sono partiti mercoledì da Linate, con scalo a Catania, nell’ambito della partecipazione al progetto «On the road. Sulle rotte dei migranti», per raccogliere l’esperienza di chi “vive” l’isola e delle stesse persone che hanno vissuto le sofferenze del viaggio, attraverso la Libia — divenuto un punto oltre che di partenza di detenzione — e il mare. Non è finita, perché per i partecipanti al progetto inizierà un’attività di formazione residenziale a Salorno, dal 12 al 14 maggio, seguiti da sei giorni sulla rotta francese (Ventimiglia e Calais, con il ritorno attraverso la Germania), balcanica (Slovenia, Croazia, Serbia, Ungheria) e greca (Atene e ritorno). L’iniziativa è organizzata da varie associazioni e dalla piattaforma delle Resistenze contemporanee.
«Appena arrivati abbiamo cominciato subito a prendere contatto con l’isola» racconta, prima dell’imbarco all’aeroporto di Lampedusa, Sandro Bertoni, docente di filosofia e storia al Da Vinci e uno degli accompagnatori del gruppo. «Siamo andati a Porta Europa, luogo simbolico molto importante. I giorni successivi sono stati intensi, pieni di incontri ed emozioni. La scuola non deve derogare al suo compito, alla sua mission formativa. Non è stato un viaggio d’istruzione ludico, di svago. Gli istituti insomma non sono tour operator e gli insegnanti guide turistiche. Il nostro compito forte è aiutare gli alunni a costruire valori civili, morali, umani».
Le testimonianze sono state toccanti, crude, spiazzanti. Il gruppo ha incontrato Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, protagonista del film Fuocoammare di Gianfranco Rosi, che ha raccontato i problemi sanitari vissuti dai migranti. «Molti di loro, raccontava, portano i segni delle botte, delle ferite, delle ustioni subite nei campi di prigionia, possiamo dire dei lager della Libia» continua Bertoni. «Poi c’è stata la visita alla sala operativa della capitaneria di porto. Le loro vedette, inaffondabili, solo gli unici mezzi in grado di operare con mare nelle peggiori condizioni e onde di sei, sette metri». Ci sono state visite a persone comuni. Costantino Baratta, che la mattina del 3 ottobre 2013 trovandosi in mare salvò 12 naufraghi eritrei. A lui il settimanale l’Espresso dedicò la copertina. «Poi Lillo Maggiore — continua il docente —, che ha dato una testimonianza straordinaria: sull’ospitalità, il soccorso, il supporto materiale e umano». Gli studenti hanno parlato con due migranti della Costa d’Avorio, che sul corpo avevano le ferite e i segni delle bastonate prese in Libia. «Grazie a questo viaggio la scuola fa riflettere su una questione di stringente attualità» conclude Bertoni. A parlare è anche uno degli alunni coinvolti. «Siamo carichi di emozioni, alcuni incontri hanno fatto emergere aspetti crudi — dice Matteo Paoli della quarta E dello scientifico — Le foto delle persone appena sbarcate a Lampedusa, in condizioni terribili, sono rimaste impresse. La mia testimonianza è che in un posto meraviglioso come quest’isola si vedono lati di un fenomeno che spesso i media non mostrano. La città ha saputo accogliere le persone. L’esperienza è stata molto forte su noi giovani. Ha cambiato il nostro modo di pensare. Se ognuno di noi fa qualcosa, come facevano notare alcune persone incontrate, il problema si risolve in fretta».