«Patto in grado di influire sulle elezioni»
Accordo con gli Schützen, ecco la sentenza. Il giudice: «Baratter ha versato tre mensilità, il fatto è pacifico»
TRENTO «Il fatto è pacifico». Il giudice Enrico Borrelli non ha dubbi. Parla di «condotte penalmente rilevanti che — prevedendo una mercificazione del voto — influiscono sulla libera espressione nelle competizioni elettorali». E ancora: «La sottoscrizione dell’accordo era in grado di influire sulla competizione».
Sono alcuni stralci della sentenza a carico del landeskommandant degli Schützen, ora ex capo dei cappelli piumati dopo le dimissioni del marzo scorso, Paolo Dalprà, e del vice Giuseppe Corona, condannati a cinque mesi e dieci giorni «per corruzione elettorale» (si ipotizza la violazione dell’articolo 96 del Dpr 361 del 1957). A due mesi dalla decisione del Tribunale con la quale il giudice ha stabilito anche il pagamento di 3.000 euro ai Cinque Stelle, costituiti parte civile nel processo, sono state depositate le motivazioni della sentenza.
Al centro dell’inchiesta c’è il famoso patto pre-elettorale, il documento firmato il 25 giugno 2013, prima delle elezioni, dai due Schützen insieme al consigliere provinciale autonomista, Lorenzo Baratter, nel quale si impegnavano a versare 500 euro al mese ai cappelli piumati, in caso di elezione. Il giudice nella sentenza ripercorre le principali tappe della vicenda, ricorda l’esposto, presentato da Riccardo Fraccaro il 7 aprile dello scorso anno e lo stralcio della posizione di Lorenzo Baratter per ammissione alla messa alla prova. «Non un’ammissione di responsabilità» aveva precisato il consigliere comunale spiegando la decisione di lavorare come volontario. Ma il giudice, in sentenza, precisa come Baratter abbia, poi eletto nelle provinciali del 27 ottobre 2013, abbia versato tre mensilità, «con un bonifico del 30 aprile 2014 per complessivi 1.500 euro».
A nulla sono valse le controdeduzioni delle difese, sostenute dagli avvocati Vanni Ceola e Nicola Canestrini, che hanno portato in tribunale oltre 52 dichiarazioni di appartenenti del gruppo degli Schützen che hanno spiegato di «non aver mai sentito il landeskommandant Dalprà indicare di votare Lorenzo Baratter o Giuseppe Corona». Secondo il giudice «l’accordo, alla luce del suo tenore letterale, contiene tutti gli elementi costitutivi del reato. Vi sono richiami espressi alla competizione elettorale — si legge in sentenza — alla data di svolgimento e alla sua natura (elezioni provinciali)». «Risultano inoltre — scrive ancora il giudice Borrelli — la promessa esplicita di denaro, l’importo, la periodicità e la condizione (elezione dei candidati) per il pagamento».
La difesa ha rilevato che all’epoca della sottoscrizione del documento le elezioni non erano state ancora indette, ma questo cambia poco la sostanza ad avviso del Tribunale. «L’accordo reca nel titolo e nel corpo del testo la data e la natura delle elezioni» chiarisce ancora Borrelli. «Si tratta inevitabilmente di condotte non solo anteriori al voto, ma anche a quel complesso sistema — nelle elezioni con voto di lista — che prevede la selezione dei candidati da parte degli organi a ciò deputati secondo gli statuti dei singoli partiti». Va quindi esclusa la soglia dell’irrilevanza penale, come previsto per ogni attività scollegata da un impegno elettorale specifico. «La soglia di rilevanza — si legge ancora — è superata ogni volta in cui le condotte sono in grado di influire sulla competizione, sia interna (tra candidati della stessa area) che esterna (nella contrapposizione democratica tre liste).
Neppure la posizione più marginale di Corona, che alla fine non è stato neppure candidato, ha convinto il giudice. Il difensore Vanni Ceola aveva spiegato in aula che Corona, nonostante avesse sottoscritto il documento, non si era candidato e quindi venivano meno i presupposti del reato. Ma Borrelli è andato dritto per la sua strada. Ricordando la Cassazione del 17 marzo 2016, numero 45152, nella quella si precisava la natura della corruzione elettorale ( reato «di pericolo astratto, essendo sufficiente il compimento della condotta per determinare l’applicazione della sanzione»), ha chiarito come la competizione elettorale abbia anche «profili interni ai singoli partiti politici, sicché la sottoscrizione dell’accordo era in grado di influire anche su detta fase, necessariamente preliminare alla presentazione delle candidature».
In sintesi la sostanza non cambia ad avviso del giudice Enrico Borrelli. Ma le difese, che hanno sempre cercato di scardinare l’impianto accusatorio, sono pronte al contrattacco. L’appello è scontato. Dalprà e Corona sono pronti a dare battaglia davanti alla Corte, in secondo grado.
La decisione Corona non candidato. Borrelli: ci sono profili interni, l’intesa poteva influenzare questa fase