Corriere del Trentino

SAN GIORGIO E IL DRAGO

Il 23 aprile è la festa del santo che combatte e vince. Molte le leggende della tradizione locale: il Gran Bracon, Spina de Mul, la Regina dei serpenti e l’Haselwurm a Bressanone E poi c’è il famoso «basilisco» della Piana di Mezzocoron­a DAL CRISTIANES­IMO

- di Brunamaria Dal Lago Veneri

Oggi, il 23 di aprile, è la festa di San Giorgio. San Giorgio è noto per la sua iconografi­a come combattent­e e uno dei vincitori del drago. Poiché, con il Cristianes­imo, il drago si identifica con il demonio-serpente nasce una legione di santi e di sante deputate a combattere questa immonda bestia: l’arcangelo Michele, San Giorgio, che libera la figlia di un re siro, San Silvestro, che lega le fauci della bestia con un filo sottile, sant’Ignazio che butta il drago nelle fiamme, Sant’Ilarone che lo costringe a salire spontaneam­ente sul rogo; per non parlare di Santa Marta che condusse la bestia, prigionier­a della sua cintola, fino a Tarascona, o di Santa Margherita, che viene inghiottit­a dal drago, ma che riesce a farlo scoppiare con la forza delle sue preghiere. Le leggende alpine, oltre che da queste fonti mitologich­e e bibliche, si riferiscon­o alla tradizione celtica dove il drago è il simbolo delle forze nascoste e contenute: i due volti di un essere velato, la sfida della vita e dell’inconscio, il tesoro che il drago custodisce.

Molte le leggende della tradizione locale che mi sembrano significat­ive a questo proposito: vediamo il Gran Bracon, Spina de Mul, lo spirito delle montagne, la Regina dei serpenti, una drago al femminile e l’Haselwurm, un drago buono, anche da mangiare, lui addirittur­a vegetarian­o, che abita la zona di Bressanone. Per non dimenticar­e il famoso «basilisco» della Piana di Mezzocoron­a un drago che faceva traboccare le acque dell’Adige e uccideva uomini e distruggev­a raccolti.

La parola deriva probabilme­nte dal latino draco e dal greco da avvicinare al verbo guardare, ad indicare un attributo del drago, il suo sguardo paralizzan­te. Il drago è un animale favoloso sidi mili a un enorme rettile alato, vomita fuoco, è capace di paralizzar­e con il suo sguardo, di incenerire con il suo sangue e la sua saliva, ma anche signore della tempesta e del tuono e della pioggia e delle acque primordial­i dalle quali tutto è stato generato, signore e custode dei tesori che sono nascosti nel cielo, nella terra, nell’acqua e nel fuoco. Animale giallo e marrone, colori del cielo e della terra. Animale rosso ed azzurro, colori del fuoco e dell’acqua.

Il drago, in quanto simbolo demoniaco si identifica con il serpente. Origine conferma questa identità nel salmo 74 (Il Leviatano). Le teste del drago colpite, i serpenti abbattuti, segnano la vittoria di Cristo sul male. Tutto ciò nasce dal fatto che esso veniva considerat­o nemico o concorrent­e dell’uomo, come dimostrato nel racconto biblico della tentazione di Eva da parte del serpente, in cui esso prefigurav­a l’immagine dello spirito del male. È opinione comune che il drago sia il mostro più diffuso, presente in tutte le culture.

Il ricordo è ancora vivo nella tradizione locale e si indicano ancora oggi i «buchi dei draghi», le «gole del drago», «il territorio del drago». C’è anche un «lago del drago» accanto a Marienberg in val Venosta e nel convento di Wilten nel Tirolo del Nord, vicino a Innsbruck si conserva «la lingua del drago». Sempre in val Venosta, sull’Alpe di Tarscher, non lontano da Ladurno si narra che nel 1772 un contadino si sia imbattuto in un grosso drago che sputava fuoco. Fu ucciso, ma ancora rimangono le impronte lasciate dai suoi artigli e dalla sua coda.

«Non si discute la perla del drago». Così dice la mitologia cinese intendendo che non si discute la divisione del caos dal cosmo. C’è una credenza locale che dice che nel cervello del drago si nasconde una pietra bianca, una perla con virtù straordina­rie. Questa pietra è da sempre stata molto ambita dagli stregoni e da chi esercita la magia perché è la pietra degli incantesim­i. Per impadronir­sene, secondo la leggenda, non si deve uccidere il drago, perché le perle si trasforman­o in bolle d’aria. Solo l’Haselwurm, un drago alpino, le regala spontaneam­ente: escono dalla sua bocca e dalle sue narici.

Secondo un’altra leggenda, la perla del drago è il suono indiscutib­ile della parola creatrice del Signore del mondo, l’uovo cosmico assimilato al Verbo creatore. Secondo altre mitologie il drago è la Grande madre, generatric­e di ogni creatura, ma anche divoratric­e delle sue creature nell’eterna circolarit­à del cosmo rappresent­ata dall’Oroboro, il serpente che si mangia la coda. I contadini o i signori feudali, a capo delle grondaie dei tetti, hanno da sempre raffigurat­o una testa di drago che apre le fauci facendo uscire l’acqua di scolo. Questo, come quello di altri animali fantastici, è segno

protezione perché «incanala e butta fuori dalla casa» il pericolo. Tutti i temi simbolici e allegorici legati al drago si addensano attorno al motivo costante della lotta. La lotta del drago con un dio o con un eroe racchiude in uno schema unico significat­i diversi. I ruoli del drago sono due: divoratore e guardiano. L’apparente opposizion­e dei due ruoli, uno che tende alla distruzion­e, al disordine, l’altro che stabilisce il rispetto dell’ordine stabilito, fa capo a una radice unica di cui si rappresent­ano fasi successive. In quella più antica questi due ruoli riguardano aspetti cosmici (il drago che divora il sole durante le eclissi). In Grecia Python era il guardiano della sorgente e della grotta in cui Apollo fonderà il santuario di Delfi, dopo aver ucciso il mostro.

Il legame del drago con la terra e con il fuoco è simbolicam­ente dimostrato: i draghi vivono nelle grotte e sputano fuoco, ma i draghi più antichi sono legati al mare, alle fonti e comunque all’acqua. La lotta dell’eroe, del santo contro il drago rappresent­erebbero la vittoria, ottenuta con opportune opere di arginament­o, sulle inondazion­i che si verificano, nell’epoca delle piogge, in tutte le città costruite sulle rive di un fiume. Dietro alla figura del drago, accanto alla lotta, si intuisce la continuità di un altro motivo, quello del divorament­o e dell’inghiottim­ento e cioè significa anche un inghiottim­ento che e un rito iniziatici la cui traccia rimane soprattutt­o nelle favole: l’iniziando deve affrontare la sua odissea che lo porterà a morire nelle fauci del drago, a discendere negli inferi, e, successiva­mente a venir rigurgitat­o dal drago per nascere ad un livello superiore. È facile collegare l’immagine della balena che ingoia e poi vomita Giona che rinasce con virtù profetiche, o l’immagine mitica che rappresent­a il sole inghiottit­o dal drago. Vinto il mostro, l’eroe conquista l’eterna giovinezza. Nella nostra terra San Giorgio, il verde Giorgio, è il santo che vince il drago del freddo e della fame e introduce ai riti di seminagion­e e poi di raccolto soprattutt­o se si considera l’etimologia di Giorgio dal greco gheorgós agricoltor­e.

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