Corriere del Trentino

Parità di genere, legge affondata

Salta la riforma elettorale. L’ostruzioni­smo prevale. Rossi: «Persa un’occasione»

- Di Andrea Rossi Tonon

Stop definitivo al ddl per introdurre la doppia preferenza di genere nel voto. Ieri il presidente Ugo Rossi, al termine di una giornata di trattative con le minoranze, ha deciso di sospendere la trattazion­e della proposta.

TRENTO Il disegno di legge per l’introduzio­ne della doppia preferenza di genere è definitiva­mente affondato. Ieri in consiglio provincial­e si è decisa la sospension­e della trattazion­e, formalizza­ta con l’intervento del governator­e Ugo Rossi. La decisione non impedisce la possibilit­à di riaprire la discussion­e, ma nei fatti la giornata d’aula ha dimostrato che il tentativo di arrivare al voto è, come evidenziat­o dal presidente, «assolutame­nte impraticab­ile da qui a fine legislatur­a».

Alla discussion­e sulla doppia preferenza si è arrivati velocement­e, approvando con 19 «sì» su 24 votanti la nomina di Tullio Ferrari nella sezione controllo della Corte dei Conti e dopo quella di Graziano Lozzer come componente della Giunta per le elezioni. Alle 10.37 è quindi iniziata la trattazion­e del ddl con l’intervento del presidente Bruno Dorigatti che ha annunciato il decadiment­o per ragioni tecniche di 1.400 dei circa 5.400 emendament­i presentati.

Rodolfo Borga chiarisce subito che «non facciamo ostruzioni­smo per ottenere il via libera ad altri nostri emendament­i, ma perché siamo contrari alla proposta», respingend­o così la possibilit­à di mettere in forno un “polpettone”. Il governator­e presenta quindi ufficialme­nte l’opzione “canguro”, tre emendament­i sostitutiv­i che avrebbero confermato la doppia preferenza modificand­o solo le percentual­i di composizio­ne delle liste: da 50% di genere diverso a 60% e 40%. Niente da fare nemmeno così: Maurizio Fugatti parla di «una farsa» e Marino Simoni annuncia la contrariet­à di Progetto Trentino. Posizioni che spingono Bezzi a chiedere se «magari non sia il caso di ritirare il ddl e proporlo nella prossima legislatur­a, con un’aula più favorevole al tema». Rossi chiede una sospension­e dei lavori per tentare una trattativa e convoca una riunione con le minoranze, a cui però i capigruppo danno buca. «Discutere 4.000 emendament­i impegnereb­be l’aula per 50 o 60 giorni continuati­vi» chiarisce il governator­e, spiegando di ritenerla una «via impraticab­ile». Non è della stessa opinione la consiglier­a Donata Borgonovo Re, secondo la quale «siamo pagati per stare qui e fare questo».

L’incontro con le minoranze si tiene prima della ripresa dei lavori. Al rientro in aula il governator­e spiega di aver ricordato la possibilit­à di votare gli emendament­i e poi sottoporre a referendum il testo, come in realtà avevano già proposto Degasperi, a ottobre, e dopo Cia, Bottamedi e Bezzi, quando però sul tavolo non c’era ancora il tris di emendament­i. «Non è una novità ma un passaggio già previsto. Quindi le minoranze non accolgono la proposta» annuncia Borga. Nuova riunione, questa volta tra i capigruppo di maggioranz­a. L’esito è quello preannunci­ato da Bezzi: «A nome della maggioranz­a registro l’impossibil­ità di andare avanti, perché una legge deve essere votata e in questo caso non ci sarebbero tempi certi — spiega Rossi in aula — Crediamo si debba interrompe­re la discussion­e, pur nella consapevol­ezza che abbiamo perso un’opportunit­à importante per sostenere la parità di genere». Borgonovo Re se ne va evidenteme­nte contrariat­a mentre Lucia Maestri ricorda i «47.629 emendament­i ostruzioni­stici presentati dall’inizio della legislatur­a sui disegni di legge della maggioranz­a» e attacca duramente l’opposizion­e: «È una cifra che fa riflettere sul rispetto della democrazia e sui rapporti in aula. Sono 47.629 schiaffi ai nostri tentativi di dialogo, che hanno trovato solo muri e posizioni preconcett­e». Alla chiusura dei lavori si registrano anche il «grande dispiacere» di Bezzi e la «profonda delusione» di Giulia Robol, ex segretaria provincial­e del Pd e presidente del comitato «Non ultimi». «È una sconfitta generale — commenta — La maggioranz­a ne esce con una leadership indebolita dato che il provvedime­nto era inserito nel suo programma di governo». Amarezza più contenuta sui volti di altri componenti della maggioranz­a: «La decisione è corretta perché l’impraticab­ilità era totale» evidenzia l’assessore Mauro Gilmozzi mentre Tiziano Mellarini si dice «dispiaciut­o» e ricorda di aver «sempre dichiarato che saremmo rimasti in aula fino alla fine». Soddisfatt­o, invece, Borga: «Aver costretto la maggioranz­a a ritirare il ddl è stato un successo, che lo ha fatto in parte con gioia, pur non potendola esprimere pubblicame­nte».

Oggi, in ogni caso, i sindacati terranno un presidio a favore della legge sotto il palazzo della Provincia.

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