Fototrappola per orsi incastra la donna che ignora il divieto
La difesa: «Sanzione illegittima, privacy violata». La Provincia: è a tutela dell’ambiente
TRENTO La fototrappola come un autovelox. In questo modo un’automobilista sarebbe stata «incastrata» mentre percorreva una strada forestale in val di Non senza la necessaria autorizzazione. «Una sanzione illegittima, una palese violazione della privacy» sbotta l’avvocato della donna, che ha impugnato l’ordinanza di ingiunzione di pagamento della sanzione di 134 euro, notificata dalla Provincia. Ma Piazza Dante controbatte e invoca la necessità di «tutela dell’ambiente, della flora e della fauna».
È un caso destinato a far discutere — non solo nelle aule di giustizia, considerato l’ampio uso di fototrappole installate nelle strade di montagna sia per l’orso che per fini di indagini di polizia giudiziaria da parte della forestale — quello finito sul tavolo del giudice Roberto Beghini. Il magistrato ha rilevato l’incompetenza del giudice ordinario e ha rinviato gli atti al giudice di pace di Cles, ma il caso resta. La battaglia legale è tutt’altro che conclusa.
Ma procediamo per gradi perché la vicenda affonda le radici nel 2014. All’epoca, era il 9 dicembre, una signora a bordo della suo piccolo fuoristrada ha imboccato una strada forestale. Probabilmente la donna non aveva notato il divieto o forse sperava di non essere sorpresa dagli agenti del corpo forestale. Non aveva certo fatto i conti con la fototrappola. Difficile prevede che l’apparecchio, installato solitamente per studiare i passaggi dei plantigradi trentini, potesse essere usata come una specie di autovelox. Così sarebbe successo. Poco tempo dopo, infatti, il 30 dicembre del 2014, alla donna è stata notificata la contestazione e la relativa multa di 134 euro per violazione dell’articolo 100 comma 3 della legge provinciale 11 del 2007 che «vieta la circolazione dei veicoli a motore sulle strade forestali ad eccezione di quelli adibiti alla sorveglianza».
Una multa ritenuta «illegittima» dall’automobilista che si è rivolta all’avvocato Andrea Antolini. Il legale ha impugnato l’ordinanza di ingiunzione di pagamento del 27 luglio 2015 del Dipartimento Territorio e Ambiente della Provincia con il quale si sollecitava il pagamento della sanzione da 134 euro. Secondo la difesa della donna l’accertamento è nullo in quanto è stato «effettuato per mezzo di un’apparecchiatura di foto-video rilevazione automatica non prevista dalla legge 689 dell’81, in materia di violazioni amministrative, nè dal codice della strada». Il codice prevede infatti la segnalazione preventiva di apparecchi di rilevazione automatica, inoltre è necessaria la presenza degli agenti. Ma c’è di più: secondo il legale, che ha depositato una lunga e puntuale memoria difensiva, l’accertamento è in palese «contrasto con la Carta Fondamentale e la legge ordinaria in materia di riservatezza e tutela dei dati personali». In sintesi ci sarebbe una chiara violazione della privacy.
Non è della stessa idea la Provincia che ha evidenziato la finalità della legge a tutela del territorio, mirata a «conservare e migliorare la biodiversità degli habitat e delle specie». La fototrappola — hanno poi precisato i legali di Piazza Dante — era stata installata ai bordi della strada per un’indagine di polizia giudiziaria e in particolare per la repressione di reati in materia di inquinamento, quindi era lecito utilizzare l’apparecchiatura in quanto «è astrattamente utilizzabile per dimostrare la commissione di reati, attività per le quali il codice della privacy pone una deroga». Ora lo spinoso caso passa nelle mani del giudice di pace di Cles.