L’accusa di Giro «Troppo soli nell’accoglienza»
Il viceministro difende l’operato delle Ong e promuove le chance di lavoro I dubbi degli studenti: «Si tratta di poche centinaia di posti all’anno»
«Aiutare i migranti a casa loro è giusto, ma ci vorranno anni. La cosa sciocca è non capire che nel frattempo non si possono nascondere i poveri sotto il tappeto» non usa mezzi termini il viceministro degli esteri Mario Giro durante il dialogo con gli studenti di Sociologia interessati ad un futuro lavorativo nella cooperazione internazionale. Il suo pensiero va poi a quelle 275 associazioni solidali trentine «che — spiega l’assessora Sara Ferrari — ci attestano come una provincia all’avanguardia a livello nazionale e insegnano ai giovani a sentirsi cittadini del mondo».
«A prescindere dai tecnicismi — dice Giro ai loro rappresentanti in sala — voi ogni giorno scegliete tra il bene di salvare vite nonostante le accuse di guadagnarci, e il male di lasciarle morire. Ma perché anziché prendercela con le Ong non ci arrabbiamo con le navi militari degli altri Paesi dell’Unione europea che scaricano i migranti nei porti italiani? La verità è che siamo troppo soli nell’accoglienza».
Giro cita poi il Migration Compact, il pacchetto di aiuti allo sviluppo nei Paesi terzi approvato dall’Unione lo scorso anno su pressione del governo italiano. «Finalmente si sono sbloccati 40 miliardi — spiega — per costruire in Africa infrastrutture energetiche e linee di trasporto che favoriscano gli investimenti delle imprese private nei Paesi in via di sviluppo, perché, diciamocelo chiaro, l’antidoto più potente per fermare gli scafisti è dare alle persone un lavoro dignitoso nella terra dove sono nate. L’altro punto fermo è la lotta all’economia informale, al nero, che sfrutta i migranti e ribassa i salari degli italiani».
Il viceministro illustra poi le opportunità di volontariato e lavoro nelle organizzazioni internazionali. «Si va dai campi estivi fino al servizio volontario europeo — spiega — per poi passare, una volta laureati, ai concorsi da agente temporaneo a Bruxelles o nelle agenzie delle Nazioni Unite o al concorso da diplomatico».
«Poche centinaia di posti all’anno» sussurra qualche studente durante il dibattito, moderato da Enrico Franco, direttore del Corriere del Trentino, ma il rettore Paolo Collini ricorda che «non bisogna scoraggiarsi, perché le competenze più grandi che una persona può dare sul lavoro sono la passione e l’interesse».
Passione che ha portato per esempio Blal Adem Esmail dalla scuola italiana di Asmara al dottorato in ingegneria ambientale a Trento e Giorgia Depaoli, laureata in economia nel capoluogo, a lavorare con l’Agenzia delle Nazioni Unite per i diritti delle donne e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo in Nordafrica, Moldavia, Nepal e Medioriente. «Adesso però — racconta — sono tornata qui, al Consorzio trentino delle associazioni per il Mozambico». Giro sorride: «Questo auguro ai giovani, di partire, ma senza andarsene, ricordando che è sempre possibile tornare a casa». Ritorno a casa a volte difficile, per chi, come Luca Penasa, ha lavorato sette anni in Vietnam e si chiede se nel Cv contino davvero le esperienze di un ex cooperante.