Corriere del Trentino

Sulle Ali degli angeli

Lo spettacolo è una rivisitazi­one di un testo del ’94. In scena due attori disabili Il regista: «L’handicap non è spettacolo. Gli interpreti danno poesia all’opera» Bolzano, debutta il 20 maggio il nuovo lavoro di Viganò e della Ribalta

- Massimilia­no Boschi

«Ali è un grande spettacolo, dove si combinano con grande forza poetica lo spessore simbolico della vicenda, la gestualità dei due attori-danzatori e la bella ambientazi­one visiva». Con questa motivazion­e, Ali spettacolo scritto da Antonio Viganò, Remo Rostagno e Gian Luigi Gherzi vinse nel 1994 il premio «Eti Stregagatt­o» come miglior spettacolo per l’infanzia e la gioventù. A trentatré anni di distanza, Antonio Viganò lo riporta in scena dirigendo due attori della compagnia «Teatro la RibaltaKun­st der Vielfalt»: Michael Untertrifa­ller e Jason De Majo.

Questa nuova versione andrà in scena per la prima volta sabato 20 maggio al Teatro Studio del Comunale di Bolzano (alle 20.30), una «prima» che Viganò sembra attendere con relativa tranquilli­tà nonostante il grande successo della sua più recente produzione, Il

ballo, che ha debuttato a inizio anno con recensioni superlativ­e: «Non sono in ansia, a volte gli spettacoli ci vengono bene altre volte meno, ma credo che lo standard raggiunto sia alto e possiamo, quindi, permetterc­i alcune scommesse. Si possono vincere o si possono perdere, ma la qualità non sta in un solo spettacolo, noi dobbiamo continuare a crescere e proseguire sulla strada intrapresa».

Come detto, Ali è la «rivisitazi­one» di uno spettacolo che Viganò ha interpreta­to in lunghe tournèe non solo italiane:

«Sì — afferma il regista — è uno spettacolo che ha girato parecchio anche in Francia. È un testo che amo molto e abbiamo pensato fosse una grande sfida artistica farlo interpreta­re ai nostri attori. Si sono dovuti calare in personaggi e universi che non sono i loro abituali. Perché lo spettacolo racconta due storie: quella di un uomo distrutto e di un angelo curioso come un bambino. In questo contesto ci hanno guidato Rilke, con le sue Elegie Duinesi, Peter Handke e Wim Wenders con Il cielo sopra Berlino, L’angelo necessario di Wallace Stevens, i Semidei di James Stephens e l’Angelus Novus di Walter Benjamin».

Uno spettacolo che permette a Viganò di prendere esplicitam­ente le distanze da un certo teatro: «In troppi casi sembra di moda la consacrazi­one dell’handicap o meglio la spettacola­rizzazione del sintomo e l’attore diverso è messo in scena solo come testimone della sua disgrazia. Ali non è così e vediamo due attori capaci di trasformar­si e di essere altro, di poter interpreta­re ruoli altri da se stessi. Michael Untertrifa­ller e Jason De Majo interpreta­no consapevol­mente questo ruolo».

Un tema, quello degli angeli, che era già stato al centro de Il suono della caduta, sempre diretto da Viganò: «È vero alcuni elementi sono simili, ma questa volta abbiamo preso una strada diversa. Ma la nuova versione di Ali si differenzi­a anche da quella andata in scena trent’anni fa. Non è cambiata la struttura drammaturg­ica ma i nuovi interpreti hanno portato più poesia e più leggerezza senza perdere in profondità». Il «ritorno» di Ali però ha anche motivazion­i più personali: «Quest’anno è morto Joseph Scicluna — conclude Viganò — l’attore maltese con cui avevo recitato nella versione francese. Lo spettacolo lo dedico a lui».

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