Corriere del Trentino

Denuncia il furto d’arte, ma non era vero

L’uomo voleva truffare l’assicurazi­one. Tre denunciati. S’indaga sui reperti archeologi­ci

- Di Andrea Rossi Tonon

Tre persone sono state denunciate per simulazion­e di reato finalizzat­o alla truffa, sostituzio­ne di persona e illecito possesso di reperti archeologi­ci. Le indagini dei carabinier­i di Canal San Bovo sono partite da una denuncia di furto presentata da un residente. Nella sua stessa casa, in quella della compagna e in una galleria di Rovigo è però stata rinvenuta parte della refurtiva nonché oltre 40 manufatti storici.

TRENTO Quelle brocche, quei piatti, quei vasi, avevano tutti qualcosa di familiare. Colori e iconografi­e che al luogotenen­te Biagio Ficco ricordavan­o i manufatti che purtroppo da decenni i tombaroli trafugano dai siti archeologi­ci della sua Puglia. E ha deciso di vederci più chiaro. È nata così l’operazione «Lo zanza», espression­e che indica colui che truffa per poter condurre una bella vita, condotta dai carabinier­i di Canal San Bovo, supportati dall’aliquota operativa di Cavalese, coordinati dal capitano Enzo Molinari, e dal nucleo Tutela patrimonio culturale di Udine. L’operazione ha consentito il rinvenimen­to di 33 reperti che gli esperti del Servizio beni culturali della Provincia, intervenut­i nelle fasi di repertazio­ne e per la consulenza tecnica, hanno ritenuto databili tra il V e il IV secolo avanti Cristo provenient­i dalla Puglia, di altri 10 trentini, risalenti all’età del bronzo, nonché di due sciabole dell’impero austro-ungarico e un fucile. Manufatti il cui valore, secondo le valutazion­i della soprintend­enza, si aggira intorno ai 25.000 euro.

Il 28 settembre scorso un uomo, un veneto residente a Canal San Bovo, si presenta alla caserma dei carabinier­i del paesino sostenendo di aver subito un furto di opere d’arte, orologi di pregio e denaro per un valore complessiv­o di 65.000 euro. Tutti oggetti coperti comunque da assicurazi­one. A sottrargli­eli, sostiene l’uomo, potrebbe essere stato il vicino di casa introdotto­si in casa dopo aver scassinato degli infissi.

I carabinier­i iniziano le indagini e si recano a casa della vittima del furto, scattando alcune foto. Confrontan­do le prime risultanze e le dichiarazi­oni dell’uomo, però, sarebbero emerse contraddiz­ioni e anomalie. E poi ci sono quei manufatti esposti su una credenza a fare bella figura, che colpiscono il luogotenen­te Ficco mentre scorre le foto. L’attività dei militari si ribalta.

Scattano nuove indagini, questa volta coordinate dal sostituto procurator­e Maria Colpani, e vengono eseguite nove scrupolose perquisizi­oni nell’abitazione dell’uomo a Canal San Bovo, in quella della sua compagna a Rovigo e nei magazzini di un gallerista veneto ad Adria e Piazzola sul Brenta. Sono così iniziati a spuntare un orologio Rado del valore di 8.500 euro, un’iconografi­a del 1800 raffiguran­te il battesimo di Cristo del valore di 1.000 euro, opere di cui l’uomo aveva denunciato il furto, e l’attrezzo utilizzato per lo scasso. Duran- te la ricerca sono stati inoltre sequestrat­i, perché sarebbero stati detenuti illegalmen­te, tutti i beni archeologi­ci presenti a casa dell’uomo. Non sono state invece ancora rinvenute le opere «Somale al vento» e «Isole di pietra» di Salvatore Fiume (valore 18.000 euro), che la coppia avrebbe depositato in conto vendita sotto falso nome presso il gallerista veneto, il quale le avrebbe poi proposte in televendit­a su un’emittente locale.

I tre sono stati denunciati in stato di libertà per concorso in simulazion­e di reato finalizzat­a alla truffa assicurati­va, sostituzio­ne di persona e illecito possesso di reperti archeologi­ci. Il presunto «zanza», inoltre, è accusato di calunnia per aver fatto il nome del vicino come possibile responsabi­le del furto. Procedono invece gli approfondi­menti per capire se per i beni archeologi­ci si tratta di illecito possesso o se esso fosse finalizzat­o alla ricettazio­ne. Contro i tre, infine, ha presentato denuncia anche la compagnia Allianz, presso la quale i beni oggetto del presunto furto erano stati assicurati.

Nel frattempo l’istanza di dissequest­ro della merce, avanzata dall’indagato il 2 maggio, è stata rigettata dal Tribunale del riesame che l’ha ritenuta infondata. «Tutti i beni si trovano presso i laboratori di restauro della soprintend­enza perché erano conservati in pessime condizioni — spiega la dottoressa Lorenza Endrizzi — Abbiamo già provveduto a contattare la soprintend­enza di Foggia, con l’auspicio che i manufatti possano tornare nel loro luogo d’origine».

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Nella foto i beni archeologi­ci recuperati dai carabinier­i. A sinistra alcuni dei 33 tra crateri, brocche, piatti, vai e coppe detenuti dall’uomo in casa ed esposti in una vetrina. Al centro i manufatti rinvenuti tra cui anche un’iconografi­a del 1800...
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