Corriere del Trentino

Dalla cultura ai detenuti L’Aula provincial­e rischia l’impraticab­ilità

La maggioranz­a stigmatizz­a l’ostruzioni­smo dell’opposizion­e. Garante dei detenuti e cultura i prossimi scogli

- Di Tristano Scarpetta

La legge sulla doppia preferenza di genere è stata sospesa, di fatto ritirata. Come fu per l’omofobia, anche questa volta il centrosini­stra autonomist­a non è riuscito a portare a casa il risultato sul fronte dei diritti civili. All’indomani della sconfitta, in maggioranz­a si torna a discutere di modificare un regolament­o che ha funzionato per anni ma che, nell’attuale clima, mostra di non consentire a chi vince le elezioni di governare. «Il sistema elettorale è maggiorita­rio — osserva il capogruppo del Pd Alessio Manica — il regolament­o ha le sue radici nel proporzion­ale». Mentre Ugo Rossi annuncia che la doppia preferenza di genere «sarà il primo obiettivo nel 2018», nuovi scogli attendono la maggioranz­a in aula. Sul garante dei detenuti si rischia un altro scontro e sulla riforma della cultura Progetto Trentino, scottato dal mancato accordo con Tiziano Mellarini, ha già annunciato che abbandoner­à la linea morbida tenuta finora per sposare a sua volta la linea dell’ostruzioni­smo. Il tempo a disposizio­ne, intanto, scorre.

TRENTO «Il regolament­o d’aula va adeguato alla legge elettorale». A dirlo è il capogruppo del Pd, Alessio Manica, ma il pensiero è comune all’intera maggioranz­a all’indomani della sospension­e — che equivale a un ritiro — della legge sulla doppia preferenza di genere, affondata dall’ostruzioni­smo di parte della minoranza.

Volendo fare l’elenco di vincitori e sconfitti, non vi è dubbio che Civica Trentina e Lega Nord siano i vincitori. Il gruppo capitanato da Rodolfo Borga, in particolar­e, e il mono-gruppo di Maurizio Fugatti si sono detti da subito totalmente contrari a una modifica delle legge elettorale che prevedesse l’obbligator­ietà di non votare solo uomini. Si sono serviti dell’ostruzioni­smo e hanno raggiunto l’obiettivo. «Vincitore» è in parte anche Giacomo Bezzi: la legge è rimasta lettera morta, ma lui si è accreditat­o come paladino delle donne del centrodest­ra. Vincitori, anche se occulti, sono i consiglier­i (tutti uomini con l’eccezione di Chiara Avanzo) di Patt e Upt, che pur sostenendo formalment­e la doppia preferenza di genere (due preferenze obbligator­iamente di genere diverso) per lealtà coaliziona­le, non l’hanno mai totalmente condivisa. Sconfitto è il Pd, che fino ad ora sul piano dei diritti civili in questa legislatur­a non ha portato a casa nulla (legge elettorale dei Comuni, provincial­e, omofobia, democrazia diretta). Sconfitto Ugo Rossi, che la doppia preferenza di genere aveva inserito nel proprio programma.

«Le donne in consiglio provincial­e sono 6 (4 del Pd) su 35 e dal 1948 ad oggi sono state appena 26 su 535» ricorda il gruppo dem nel comunicato in cui stigmatizz­a l’ostruzioni­smo. «Ne abbiamo parlato in maggioranz­a — riferisce Manica — e sta maturando l’idea che con questo regolament­o non si possa andare avanti: le sue radici affondano nel proporzion­ale, ma la legge elettorale è maggiorita­ria: chi vince deve poter attuare il programma che gli elettori hanno votato».

Ma davvero un altro risultato non era possibile? Fin dall’inizio, Gianfranco Zanon (Pt) aveva presentato un emendament­o di mediazione che le male lingue vogliono scritto in casa Upt. Cosa diceva? L’elettore mantiene la possibilit­à di esprimere tre preferenze, che dovranno però essere di genere diverso qualora ne esprima più di una. In un’aula che, ad ampia maggioranz­a, avrebbe bocciato la doppia preferenza potendo rispondere al solo convincime­nto — o interesse — personale, poteva essere un buon risultato: sono le regole delle elezioni europee. La maggioranz­a ha scelto di non mediare. Perché? «Il primo motivo — spiega Donatella Conzatti, del comitato Non ultimi contrario alla mediazione — è di principio: la Costituzio­ne parla di pari diritti tra uomo e donna. Il secondo è che, con tre preferenze, due uomini possono mettersi d’accordo e tenere la donna come scelta necessaria ma residuale». Un triste costume che la doppia preferenza non escludeva. L’uomo «forte» si sarebbe potuto alleare in ogni territorio con una donna diversa: lui sarebbe stato eletto, loro no. Ad oggi, circa l’80% dei votanti esprime una preferenza, il 40% due, solo il 10% tre. Il terzo motivo è che sarebbero rimasti sul tavolo diversi emendament­i in particolar­e di Borga. Un suo ostruzioni­smo «passivo» (senza interventi fiume) sarebbe costato alla maggioranz­a il via libera nelle liste delle provincial­i ai sindaci dei Comuni con meno di 10.000 abitanti.

Alla fine, la maggioranz­a ha fatto la sua scelta. Rossi e l’ala «massimalis­ta» del Pd hanno deciso «meglio niente che la mediazione». Ai consiglier­i di Patt e Upt non è parso vero potersi finalmente sgravare di questo peso. Senza sedute a oltranza e senza mediazione il risultato è stato nullo.

Il gruppo dell’Upt, cadendo forse nella excusatio non petita, ieri ha voluto rispondere a Nerio Giovanazzi che aveva ironizzato sulla tacita soddisfazi­one dei consiglier­i: «Abbiamo preso atto dell’impraticab­ilità dell’aula e, a malincuore, abbiamo dovuto sospendere l’iter di una legge che, con coerenza, volevamo venisse approvata» replicano. Anche Luca Giuliani (Patt), accusato di aver brigato con l’opposizion­e per far saltare la legge, si difende: «Per quanto ritenga che la legge sulle preferenze di genere non sia una priorità e non ne condivida pienamente la valenza, l’avrei votata. Senza perdere ulteriore tempo, sarebbe stato opportuno da parte dei proponenti accettare la proposta del consiglier­e Zanon». Nel frattempo, il suo gruppo esprime «il più profondo rammarico per il ritiro del ddl» e accusa la minoranza di «mancare di rispetto al programma elettorale votato dai trentini». Ugo Rossi ha già annunciato che la legge farà ancora parte del programma. «Nel frattempo — suggerisce Conzatti — i partiti della maggioranz­a potrebbero comportars­i come il Pd, che le donne le candida e le elegge».

I prossimi appuntamen­ti si chiamano garante dei detenuti e riforma della cultura, su cui Pt ha già annunciato ostruzioni­smo.

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Protagonis­ti Rodolfo Borga insieme a Claudio Civettini parla con Gianfranco Zanon

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