Rossi: «Nel 2018 sarà il primo punto»
I sindacati: «Pesante sconfitta, ma è stata persa solo una battaglia»
TRENTO Il giorno dopo la batosta subita dalla maggioranza di centrosinistra, capitolata in consiglio provinciale sulla legge che avrebbe dovuto introdurre la doppia preferenza di genere e liste di candidati paritarie, si tirano le somme. Era da un pezzo che non si vedeva il centrosinistra così unito. Unito anche nello smarcarsi da responsabilità di un tira e molla durato mesi, mentre punta il dito contro l’ostruzionismo delle minoranze.
Perché, almeno ieri, per tutti i consiglieri provinciali di maggioranza il ddl avrebbe dovuto essere approvato. Il presidente della Provincia, Ugo Rossi si dice «profondamente rammaricato». «Siamo stati costretti a fermarci — spiega —, è sempre stato uno dei punti del programma. Avremmo dovuto presentarlo a inizio legislatura, lontano quindi dalla competizione elettorale». Garantisce che «l’approvazione della doppia preferenza di genere dovrà essere il primo impegno del centrosinistra autonomista nella prossima legislatura».
Così ieri, in piazza Dante, il presidio che era stato organizzato da Cgil, Cisl, Uil per il sostegno della discussione e dell’approvazione del ddl si è trasformato in un incontro istituzionale con Rossi e gli esponenti della maggioranza tutti pronti a non mollare. Dal gruppo consiliare provinciale dell’Upt, «nessuna soddisfazione come invece qualcuno ha millantato per la sospensione della legge e alla sua non approvazione» al gruppo consiliare Patt: «Non si ferma il percorso per riequilibrare la presenza femminile nelle Istituzioni» passando per il gruppo provinciale del Pd che ha ricordato i numeri della sotto rappresentanza delle donne nell’istituzioni trentine e aggiunto: «Continueremo contro la triste rappresentazione del Trentino delle minoranze».
I sindacati hanno ribadito che il mancato risultato è stato anche «il frutto di una maggioranza timida e non sufficientemente coesa». «Ma non ci uniamo al coro di quelli che usano questa esperienza per sparare sulla politica — ha detto Franco Ianeselli, segretario della Cgil —. La responsabilità è di chi ha bloccato la legge con l’ostruzionismo». E proprio non c’è stato proprio niente da fare contro gli oltre 5.000 emendamenti (47.569 nella legislatura) dell’opposizione. A ripercorre la vicenda è stata Lucia Maestri, la prima firmataria del disegno di legge: «È questa la cifra di una minoranza che, invece di fare opposizione di controllo e pungolo, unicamente limita la capacità di governo. Il ddl è saltato perché dopo ore di polemiche e di fronte alla proposta di discussione di 90 emendamenti, la minoranza ha detto no grazie». La legge sulla doppia preferenza di genere non è stata ritirata è stata piuttosto sospesa. «Nessun funerale — hanno ribadito i segretari Franco Ianeselli, Lorenzo Pomini e Walter Alotti —. Sulla democrazia paritaria e la doppia preferenza di genere incassiamo una pesante sconfitta. Siamo, però, consapevoli che il percorso democratico è lungo e fatto di tante battaglie. Non sempre riuscite al meglio sopratutto se si tratta di diritti civili dal testamento biologico alla legge sull’omofobia passando per quest’ultimo inciampo». Rossi ha sottolineato il paradosso delle minoranze che «pur potendo votare contro il provvedimento e avendo la possibilità, prevista dallo Statuto per le leggi elettorali, di sottoporre la legge a referendum confermativo si sono arroccate sullo strumento dell’ostruzionismo». Tutti scontenti: il presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti; l’assessora regionale Violetta Plotegher che ha parlato di «desolante sconfitta»; Simonetta Fedrizzi, presidente della commissione provinciale Pari opportunità, amareggiata «dai modi aggressivi, ostruzionisti e lesivi della dignità delle persone con cui l’aula provinciale ha condotto il dibattito sulla doppia preferenza». Pronta a continuare «perché non abbiamo perso la guerra» l’assessora provinciale alle pari opportunità Sara Ferrari che ha rimarcato come la doppia preferenza di genere «non rappresenta né una riserva indiana, né una corsia preferenziale per le donne ma è un interesse collettivo che promuove una buona prassi. È questo il concetto che deve passare. Prendiamoci dunque una responsabilità collettiva e l’impegno di sostenere la doppia preferenza di genere già dalla prossima campagna elettorale».