«Anziani, riforma da migliorare»
L’appello delle Acli. Borzaga: «L’accorpamento non riduce i costi»
TRENTO La riforma del welfare per gli anziani ha un grande difetto: non aver considerato gli anziani. Parte da qui la riflessione della federazione anziani e pensionati delle Acli trentine che oggi al tema dedica un convegno al Grand Hotel Trento, dalle 9,30 alle 17.30. Obiettivo: riaprire il dibattito sul testo firmato dall’assessore provinciale Luca Zeni, nella speranza che possano esserci ancora spazi di manovra. «Vogliamo migliorare la riforma della giunta presentando proposte concrete che guardino al tema della domiciliarità, della prevenzione, della piena autosufficienza. Insomma, vogliamo puntare su forme di assistenza all’anziano che esulino da quelle canoniche e istituzionali» chiarisce Claudio Barbacovi, segretario Fap Acli. Le associazioni, infatti, rivendicano un maggiore coinvolgimento, non solo nella discussione della riforma, ma anche nell’effettiva implementazione di servizi agli anziani. «Dalla metà degli anni ‘80 si è insistito molto sulla residenzialità e poco sulla restante parte. Noi, invece, vogliamo parlare di invecchiamento della popolazione a 360 gradi, cosa che questa riforma non fa» aggiunge Renzo Dori, presidente della casa di riposo
Grazioli di Povo. Per ltro, secondo il professor Carlo Borzaga del dipartimento di Sociologia dell’università di Trento, tale economicità sarà difficile da raggiungere: «Non c’è nulla che possa attestare una riduzione di costi nell’accorpamento di più realtà. Quando si parla di servizi alle persone e ci sono in gioco le relazioni umane, i parametri da valutare sono diversi». Dunque, continua Borzaga, «è ora di smetterla di fare riforme senza ascoltare i diretti interessati. Tutte le ricerche dicono che da anni le famiglie richiedono centri di coordinamento degli interventi per anziani, ma non esiste nulla di simile perché la politica è sorda o incapace. Bisogna lasciare spazio ad associazioni e organizzazioni che si occupano di anziani da sempre». Realtà che spesso lavorano con poche risorse e si appoggiano sul volontariato, «e che, a loro volta — stigmatizza il professore — devono imparare a fare rete, superando le reciproche diffidenze». Del resto, il tema è serio. Se solo l’8% degli anziani in Trentino rientra nel settore della disabilità, come denunciato da Fap Acli, vuol dire che c’è un 92% che rischia di rimanere in costante ombra rispetto ai servizi. E senza le associazioni, in ombra restano anche tutti coloro che, a causa dell’età avanzata, si ritrovano a vivere da soli (almeno il 50% degli anziani a Trento). «La solitudine non è una sciocchezza e anche la politica deve rifletterci, smettendo di banalizzare il tema della vecchiaia che invece, se guardato con un’ottica diversa — conclude Melchiore Redolfi, segretario provinciale Circoli anziani della Provincia — potrebbe dimostrarsi una straordinaria risorsa sociale, culturale ed economica».