POLITICA, DONNE E ISTITUZIONI ALTRO SCHIAFFO AI DIRITTI CIVILI
Questo era il momento, in Trentino, di corrispondere alle aspettative di tante e tanti sul tema dei diritti civili. Era ormai ineludibile, infatti, il recepimento della legge nazionale 215 sulla doppia preferenza di genere, la quale necessitava però di una visione alta e lungimirante che non è esattamente la cifra caratterizzante dell’attuale consiglio provinciale. Desidero ringraziare Lucia Maestri e Giacomo Bezzi, estensori del disegno di legge, le donne del Consiglio provinciale, il Comitato «Non Ultimi», tutte/i coloro che ci hanno creduto, e stigmatizzo come grave quanto avvenuto, cioè il ritiro della proposta. Il governo provinciale è di fatto ostaggio delle minoranze che portano avanti la loro battaglia di arretratezza a suon di emendamenti, impedendo a coloro che hanno vinto le elezioni di governare. Tutela del genere femminile, pari dignità, informazione, formazione dei cittadini, civismo, uguaglianza di opportunità: in consiglio provinciale si è consumato il triste rito che ha cancellato con un colpo di spugna quanto votato in piena consapevolezza da molte istituzioni trentine, da tanti Comuni, tra cui Trento e Rovereto, che hanno risposto positivamente, mossi dal tentativo di promuovere una legge giusta e sacrosanta. Una legge che avrebbe riequilibrato la presenza femminile nelle nostre istituzioni democratiche, colmando il gap di troppe assenze ingiustificate. Un tema sensibile, certo, sul quale si doveva confrontarsi con la mente sgombra da pregiudizi, con spirito costruttivo, senza egoismi. Un tema che, come già avvenuto nel resto d’Italia, era destinato a far fare un passo avanti rispetto all’attuale, esigua rappresentanza femminile nelle istituzioni trentine. Dire «sì» alla doppia preferenza di genere significava affermare in modo chiaro che anche in Trentino, come nelle altre regioni italiane, si opera, e si vota, in modo tale da garantire equità e giustizia nella rappresentanza politica e istituzionale. Tenere alta la barra, non farsi umiliare, lottare per i propri ideali non è sempre facile: ci vuole una grande forza che deve essere corroborata e sostenuta da buone pratiche e da leggi tali ca consolidare a livello fattuale e culturale il riconoscimento del proprio valore di persona, di essere umano, di genere troppo spesso ignorato là dove si decide e dato per scontato nelle mansioni di cura che andrebbero invece condivise. Tale «forzatura» era necessaria e importante perché, nonostante la parità tra i generi sancita dalla nostra Costituzione e il suffragio universale, nonostante le battaglie delle donne e delle loro associazioni fuori e dentro le istituzioni, il loro ruolo fondamentale nella famiglia, nel lavoro, nelle professioni, nella ricerca e nella cultura, il nostro Paese e soprattutto la nostra provincia e regione pagano un prezzo troppo alto a questa assenza. Una discriminazione che emargina e penalizza le donne, che danneggia la società nel suo insieme privandola del punto di vista, dei saperi, delle storie, dell’impegno delle donne. Lucia Coppola, presidente Consiglio comunale di Trento
SGentile presidente Coppola, ottoscrivo totalmente la sua riflessione. Sono sempre stato contrario a introdurre per legge la presenza femminile nelle istituzioni. Pensavo che la nostra società fosse matura e pronta a dare concretezza a ciò che di fatto afferma la Costituzione. Mi sbagliavo. La «forzatura» legislativa, allora, deve essere il grimaldello per abbattere la porta dell’ignoranza. Niente da fare, la buona volontà si è scontrata contro un muro di emendamenti ostruzionistici. La doppia preferenza di genere alla fine è stata ritirata. Forse verrà riproposta nella prossima legislatura.
Assisteremo adesso all’immancabile gioco dello scarica-barile, alla ricerca dei colpevoli, alla maggioranza che accusa l’opposizione e viceversa. Nel frattempo, mentre va in scena un simile stucchevole teatrino, dobbiamo registrare un’unica verità: l’ennesima riforma civile finita nel tritacarne di una politica sempre più distante dai cittadini.