Boato: «Norme di civiltà, filibustering insensato»
L’ex parlamentare fu un recordman: «Deve essere solo un segnale. Regolamento da cambiare»
L’ex parlamentare del partito Radicale attacca duramente le minoranze dopo l’affondamento del disegno di legge sulla doppia preferenza. «L’ostruzionismo serve a lanciare un allarme, non a impedire di governare».
TRENTO «L’obiettivo dell’ostruzionismo dovrebbe essere quello di gettare l’allarme ma non impedire la realizzazione di un punto esplicito di un programma di governo». Nessuno padroneggia quella tecnica d’aula meglio di Marco Boato, «recordman mondiale di ostruzionismo», come si definisce lui stesso ricordando il discorso di 18 ore consecutive con cui nel febbraio 1981 bloccò i lavori della Camera dei deputati per segnalare l’incostituzionalità del decreto legge sul fermo di polizia. «Ma al termine del mio discorso la maggioranza lo tramutò in legge, salvo poi non rinnovarlo l’anno successivo accogliendo le nostre perplessità» aggiunge l’ex parlamentare dei Verdi. L’ostruzionismo di cui si discute oggi è quello con il quale le minoranze in Consiglio provinciale hanno affondato il disegno di legge sull’introduzione della doppia preferenza di genere, dopo essere riuscite a stoppare allo stesso modo anche quello sul contrasto all’omofobia.
In un sistema democratico fare ostruzionismo è un diritto delle forze politiche d’opposizione. Esistono secondo lei, però, dei limiti al filibustering?
«L’obiettivo dev’essere sempre quello di far capire che si ritiene grave un provvedimento che la maggioranza vuole adottare, ma non si dovrebbe impedire di realizzare un programma di governo. Il problema sta però anche nel regolamento del Consiglio, che andrebbe cambiato, oltre al fatto che l’ostruzionismo si dovrebbe fare su argomenti di enorme importanza mentre qui si sta moltiplicando su ogni tema. E su quello della doppia preferenza di genere è doppiamente scandaloso, perché ci si oppone a una norma di civiltà giuridica».
Si tratta di una vittoria delle minoranze?
«Le minoranze hanno pochi motivi per cantare vittoria. Dovrebbero invece coprirsi di vergogna perché quanto successo sancisce la prevalenza del maschilismo sul piano istituzionale: l’ostruzionismo aveva infatti come unico obiettivo quello di non ridurre la presenza maschile anche per la prossima legislatura».
Bezzi ha parlato di un’aula «non ancora matura» per provvedimenti simili. È d’accordo?
«Se non verrà cambiato il regolamento, nemmeno la prossima legislatura riuscirà a realizzare tale norma di civiltà perché alle elezioni del 2018 si voterà senza doppia preferenza, quindi si rinnoverà un consiglio in cui esiste un pesantissimo squilibrio tra presenza maschile e femminile».
Crede che la maggioranza avrebbe potuto gestire meglio la vicenda?
«Credo la battaglia sia stata condotta bene, non mi sento di avanzare critiche. Forse si sarebbe potuti partire prima, ma l’ostruzionismo ci sarebbe stato comunque, e non si poteva bloccare l’aula per un anno intero con un provvedimento che avrebbe potuto essere approvato in una settimana. L’unico compromesso possibile è stato indicato, ed era quello di introdurre gradualmente il provvedimento passando da un sistema di candidature che prevedeva la modifica delle percentuali di composizione delle liste da 50% di genere diverso a 60% e 40%. Qualsiasi altro compromesso avrebbe vanificato totalmente la legge».
Il presidente Rossi si è detto pronto ad andare avanti, in altre occasioni, anche senza passare dall’aula. Un gioco al ribasso sulla democra- zia o una scelta inevitabile?
«Entrambe le cose. Doppia preferenza di genere, contrasto all’omofobia e garante dei diritti delle persone private della libertà personale si sono tutte scontrate con l’ostruzionismo ma si tratta di norme che hanno valore etico e politico oltre che giuridico. È scandaloso che non riescano a passare e che a bloccarle siano anche quelli che si riempiono la bocca di “autonomia” e parlano del Trentino come territorio all’avanguardia su questi temi. Lo dico con immenso dolore, ma non è così. E anzi attraverso queste vicende si sta di fatto delegittimando l’autogoverno democratico del Trentino. Se l’autonomia non si legittima sui temi di civiltà giuridica, allora si rivela monca e poco credibile».