MANCA L’ACQUA E NON LO VEDIAMO
Esiamo giunti alla prima «guerra dell’acqua». Non abbiamo ascoltato le previsioni chiare ed evidenti, né abbiamo fatto nulla per anticipare il progressivo degrado. Ora si innesca un confronto tra Trentino, Alto Adige Südtirol e Veneto e non sappiamo come andrà a finire. Intanto si fa sapere al Veneto che non possiamo tenere i rubinetti aperti, perché non ce n’è abbastanza neppure per noi. Non stiamo sostenendo che in Trentino non vi sia una buona amministrazione dell’acqua. Probabilmente è una delle migliori d’Italia e d’Europa. La domanda, però, è se amministrare, e anche bene, oggi basti. Pare proprio di no. Si tratta di governare, e cioè di scegliere. Se c’è un bene comune, o meglio ancora un bene pubblico, questo è l’acqua. Si può sopravvivere senza mangiare, ma non senza bere. Preoccupa il fatto che sappiamo tutti quale sia la realtà, ma non facciamo alcunché, a livello sia individuale sia collettivo, per fare scelte quanto mai necessarie.
Se il Veneto, a fronte di mesi di siccità straordinaria, ha chiesto al Trentino e all’ Alto Adige Südtirol di lasciare aperti i bacini montani per rinforzare il corso dei fiumi fino a valle, la risposta è stata che di acqua non ce n’è neanche in quota. Nonostante le dichiarazioni accurate di solidarietà e di disposizione all’aiuto dell’assessore Mauro Gilmozzi, non si può distribuire quello che non c’è.
È bene sapere che nel periodo dal 25 aprile al primo maggio l’Adige non ce l’ha fatta a sgorgare nel mare Adriatico a causa della portata particolarmente scarsa di acqua. Come se non bastasse, l’acqua marina è risalita per dodici chilometri nelle campagne e dai rubinetti nei paesi limitrofi è uscita acqua salata.
Quello che più sconcerta, come sempre, è la reazione umana. I tecnici non si spiegano gli andamenti e ricorrono a considerazioni con cui si accusano i comportamenti egoistici che evadono le ordinanze del governatore veneto, con affermazioni proverbiali del tipo: chi sta a monte beve prima. La natura non può avere confini regionali, come sostiene Gilmozzi, e allora si imporrebbe una strategia di governo e non di sola amministrazione del problema. Governare vuol dire scegliere. Ed è naturale pensare che la concentrazione sulla carenza di neve e sull’innevamento artificiale ci mette, a dir poco, in una posizione imbarazzante: mentre facciamo strisce di neve artificiale concentrati su quel problema, non vediamo che stiamo per finire assetati.