Gnesetti licenziata, nella lettera contestati 80 episodi
L’avvocato di Itas: confermata la legittimità del provvedimento. La difesa: «Non ha agito da sola»
TRENTO È una questione di tempistica. Se Alessandra Gnesetti, l’ex dipendente di Itas, accusata di truffa ai danni della società per le famose «spese personali» mascherate da gadget, per cui è indagata, ma in concorso con l’ex direttore Ermanno Grassi, sperava di poter rientrare in azienda, questo non è accaduto. La Corte d’appello ha riformato la sentenza del giudice Monica Attanasio riconoscendo la legittimità del provvedimento, ma, come aveva già stabilito il giudice Giorgio Flaim, il provvedimento non poteva avvenire in tronco. Questo perché «le evidenti malefatte — evidenzia l’avvocato di Itas, Marcello PedrazzoIntanto li in una nota — erano in parte conosciute, o potevano essere conosciute, dalla società già un anno prima». Si è tornati così alla formula adottata nel provvedimento di Flaim del «licenziamento per giustificato motivo soggettivo» che prevede l’obbligo di un preavviso di 10 mesi. Ma non c’è stato. Per questo la Corte ha liquidato alla Gnesetti 22 mensilità per il mancato preavviso e la tardiva contestazione. Ma la sostanza non cambia, precisa il legale di Itas: «Sono tre giudici trentini che hanno riconosciuto le ragioni del licenziamento».
dalla lettera spuntano nuovi particolari: sono ottanta gli episodi contestati in poco più di un anno, dal primo gennaio 2013 al 31 gennaio 2014. Nella raccomandata ci sono anche le cifre (le stesse del penale): 388.975 euro per il 2013 e 47.421 per il 2014. Ma Itas va oltre e ipotizza, andando indietro nel tempo fino al 2009, un danno per le «sue incontenibili scorribande nei negozi» (si legge nel documento) un «danno superiore a un milione e 200.ooo euro, forse vicino al milione e 500.000 euro». Questo Itas, ma anche la difesa, sostenuta dagli avvocati Andrea de Bertolini e Daniele Mascia, hanno qualcosa da dire. «Il contenuto della lettera di licenziamento — spiega De Bertolini — è una ricostruzione dei fatti che non è quella prospettata ad oggi dalla Procura e il penale servirà a chiarire la verità processuale». Il riferimento è alla responsabilità (per la Procura ha agito in concorso con Grassi) e poi le cifre. Secondo la Procura le spese rifatturate da Itas venivano maggiorate. «Lo stesso Grassi ha parlato di una doppia fatturazione — spiega il legale — per vantaggi fiscali, quindi almeno l’iva non può essere considerata appropriazione di Gnesetti».