Mad in Europe a Milano In scena i temi più spinosi
Demattè: «Al centro c’è una donna e le sue radici»
Una trentina a Milano. Angela Demattè, drammaturga e attrice, sbarca nella capitale italiana del teatro con lo spettacolo
Mad in Europe, il racconto di una donna in balia tra il locale e l’internazionale, il lavoro e la maternità. Lo spettacolo, vincitore del premio Scenario 2015, sarà in scena dal 19 al 20 maggio al Teatro Verdi di Milano. Di cosa racconta «Mad in Europe»?
«Lo spettacolo ha molti temi che si intrecciano, ma direi che il più importante è quello dell’identità individuale, linguistica e religiosa. La protagonista ha perso le sue radici e compie una sorta di viaggio interiore per recuperarle e per riconoscersi di nuovo. La chiave di volta è la necessità di accettare le proprie origini ed essere in grado di inventare una nuova “lingua” da trasmettere ai figli. Molta parte del mio lavoro proviene dal Trentino, dove sono nata e cresciuta. La nostra è una terra povera ma allo stesso tempo molto ricca. Un crocevia di culture, lingue e religioni unico nel suo genere: non del tutto mediterraneo, non completamente nordico, un calderone di italiano, tedesco e ladino dominato da una religiosità cattolica venata di protestantismo. Da qui ho tratto ispirazione per immaginare una donna a cavallo tra la dimensione del Parlamento europeo e il suo paese natio».
Come vivi la tua condizione di donna di teatro trentina?
«Un grande regista con il quale ho avuto il piacere di lavorare frequentemente, Carmelo Rifici, mi ha detto che noi trentini siamo fortunati perché sentiamo ancora molto forte il legame con la terra. Credo che nel teatro questo si traduca in concretezza, la capacità della parola di farsi carne. Per quanto riguarda il dialetto trentino, invece, si tratta di una sostanziale novità nella scena italiana, perché non è mai stato una lingua molto frequentata, a differenza per esempio del napoletano, del siciliano o del veneto. Sarebbe interessante scoprire come mai noi ci vergogniamo della
nostra inflessione mentre i napoletani ne vanno tanto fieri».
Nello spettacolo la maternità è la “chiave di volta” che permette alla protagonista di riappropriarsi della propria matrice identitaria. Una presa di posizione molto netta.
«Senza dubbio. Mentre Mad in Europe era in fieri sono rimasta incinta, e questo ha cambiato la mia percezione del mondo. Ha influito anche sul mio rapporto con la religione, in particolare con la figura della Madonna. Per molti anni non ho voluto figli per concentrarmi sulla carriera, ma poi quando è successo mi sono rimessa in connessione con questo modello archetipico del femminile e lo spettacolo stesso ha preso una direzione che non mi sarei mai immaginata».
Come vivi la tournée italiana di «Mad in Europe»?
«La barriera linguistica talvolta è innegabile, ma lo spettacolo ha avuto un’ottima accoglienza un po’ ovunque. Ricordo con particolare affetto una serie di date a Ravenna. Ero stata inserita in abbonamento ed ero molto preoccupata per le possibili reazioni del pubblico tradizionale. Quello che è accaduto è stato invece un bellissimo incontro con tutti gli spettatori, in particolare con le signore che avevano vissuto il ’68 e le sue rivoluzioni culturali.
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