Affido condiviso, difficile farlo rispettare
L’avvocato: mancano strumenti legislativi. Il giudice: «Maternal preference, un errore»
TRENTO «Dal 2010 ad oggi l’Italia è stata condannata per 24 volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per non aver dato, per mancanza di strumenti legislativi adeguati, effettiva esecuzione al diritto dei minori di crescere con entrambi i genitori, anche dopo la rottura del loro rapporto di coppia». È la denuncia di Maria Giovanna Ruo, presidente della Camera nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni, che ha aperto ieri a Rovereto, nella sede della Caritro, il convegno «Il sostegno alle famiglie in difficoltà tra welfare e giurisdizione».
«Questo titolo non è casuale — spiega l’avvocatessa — perché la ricerca del welfare è un compito di rilievo costituzionale, a cui la giurisdizione subentra solo in un momento successivo, eventuale e correttivo». «Ancora troppo spesso — le fa eco il presidente del Tribunale dei minorenni di Trento Paolo Sceusa — le cause di affidamento dei figli, di richiesta degli alimenti e le denunce per le violenze in famiglia sono di competenza di giudici diversi e ciò comporta l’allungamento dei tempi e una generale sfiducia circa le reali possibilità di ottenere giustizia». Il magistrato ricorda come in passato si sia spesso dovuti ricorrere a «provvedimenti creativi» per evitare che le cause relative alla separazione dei genitori e all’affidamento dei figli venissero affidate a tribunali diversi, con il conseguente rischio di avere due sentenze tra loro uguali e contrarie. La riunificazione della competenza è stata successivamente assodata dalla legge e dalla Cassazione, ma tanto resta ancora da fare per evitare di cadere negli «stereotipi automatici».
«Come quelli di autorevoli corti straniere che hanno fatto propria la teoria della maternal preference, ovvero la tesi, completamente priva di basi scientifiche, secondo cui dalla nascita alla preadolescenza un bambino, in caso di separazione dei genitori, starebbe sempre meglio con la mamma, salvo conclamate cause di incapacità della donna». spiega Maria Teresa Dieni, giudice al Tribunale di Rovereto. «Ma oggi — aggiunge — le famiglie non sono più patriarcali e anche i papà si prendono cura dei figli fin dalla tenera età». Meglio dunque concentrarsi, secondo ragionevolezza e buon senso, sull’esame dei casi concreti e sull’ascolto, laddove siano capaci di discernere, dei minori interessati.