Protonterapia e «Bambino Gesù» Grazie all’intesa, curati 24 piccoli
La Provincia erogherà comunque le prestazioni in attesa delle tariffe da Roma
TRENTO La prima, piccola, paziente aveva varcato la soglia della struttura di via al Desert quasi due anni fa: una bambina di 9 anni affetta da cordoma (un tipo raro di tumore, con un’incidenza dello 0,5 per milione di persone), la prima in Italia avviata alla protonterapia, dava inizio alla collaborazione fra l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e l’azienda sanitaria di Trento, che fino a oggi ha portato a trattare 24 bambini, la metà di tutti i pazienti pediatrici del centro diretto da Maurizio Amichetti.
E in attesa del decreto interministeriale con le tariffe, «la Provincia si è resa disponibile a erogare le prestazioni di protonterapia a tutte le Regioni al prezzo che verrà poi stabilito dal governo» spiega il responsabile del dipartimento salute e solidarietà sociale Silvio Fedrigotti. Il decreto che aveva inserito la protonterapia nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), infatti, era stato pubblicato senza le tariffe per le prestazioni, che necessitano di un ulteriore passaggio normativo: «Due settimane fa ci era stato detto che era ormai tutto pronto, ma siamo ancora in attesa — chiosa il dirigente — nel frattempo abbiamo scritto a tutte le Regioni comunicando la nostra disponibilità a erogare le prestazioni. Fino a che non saranno emanate le tariffe ministeriali, tuttavia, non chiederemo i compensi a nessuno. Si tratta comunque di un’opzione per le Regioni». Tradotto: di fronte al preventivo mandato da Trento, possono comunque rifiutare.
«Ecco perché la collaborazione con il Bambino Gesù è strategica, perché si tratta dell’istituto più importante a livello nazionale in campo oncologico pediatrico e intercetta pazienti da centro e sud Italia — aggiunge il direttore generale dell’azienda sanitaria Paolo Bordon —. Questa collaborazione potrebbe essere esportata come modello possibile di confronto: il nostro compito è radicalizzare questo tipo di esperienze a fattor comune». Specialmente se il tariffario per le prestazioni di protonterapia non è ancora disponibile e gli accordi specifici con molte Regioni mancano ancora.
E il bacino potenziale cui il centro può rivolgersi arriva anche a «dieci milioni di persone» ricorda Bordon. Da qui la necessità di «andare oltre i confini provinciali e nazionali» e «promuovere la conoscenza del nostro servizio a favore delle comunità scientifiche ma soprattutto dei malati». In questo contesto si inserisce la due giorni organizzata da Apss e Fondazione Bruno Kessler, che oggi vedrà riuniti ricercatori, medici ed esperti del centro di protonterapia e del Bambin Gesù di Roma per illustrare le attività di studio e i trattamenti innovativi su alcuni tumori pediatrici applicati nei due poli di cura, e ieri si è concentrata sul ruolo delle associazioni e del volontariato nell’accoglienza dei pazienti e delle famiglie che provengono da fuori provincia e che per seguire la terapia devono fermarsi in Trentino fino a quasi due mesi.