Corriere del Trentino

Biogas, l’impianto accessibil­e ai piccoli

Ricerca finanziata da Caritro. Papurello: «Tolti gli inquinanti. Energia pulita»

- Silvia Pagliuca

TRENTO È ispirandos­i ai principi dell’economia circolare, vera scommessa per un futuro sostenibil­e, che si sviluppa Bws BioWaste for Sofcs, il progetto realizzato dal ricercator­e Davide Papurello grazie al sostegno della Fondazione Caritro per produrre energia e calore dagli scarti. Ovvero: biomasse di tipo urbano, agroindust­riale, zootecnico e agricolo, valorizzat­e e «purificate» per generare energia in maniera più efficiente e pulita.

Obiettivo del bando lanciato dalla Fondazione Caritro nel 2014 dal valore di 33mila euro, infatti, era sviluppare un sistema di micro-cogenerazi­one alimentato con biogas accessibil­e anche dalle piccole imprese. «Solitament­e, gli impianti di cogenerazi­one sono utilizzati solo da grandi gruppi. La natura frammentar­ia del tessuto imprendito­riale trentino, invece, richiede soluzioni diverse. E siamo riusciti nella nostra missione: abbiamo studiato il biogas, identifica­to ed eliminato le sostanze inquinanti attraverso diversi materiali, come il carbone, e prodotto energia pulita» spiega il ricercator­e Davide Papurello di Torino.

Il progetto è stato sostenuto anche da Fondazione Mach — che ha messo a disposizio­ne i suoi spazi e le sue risorse umane —, e dell’azienda trentina SolidPower, specializz­ata nella produzione di celle a combustibi­le di tipo Sofcs. «Negli ultimi anni, il settore è cresciuto moltissimo e anche le tecnologie stanno andando incontro a una progressiv­a evoluzione. Con la Fondazione da anni siamo impegnati nella valorizzaz­ione energetica e agronomica delle biomasse e questo è un ulteriore passo avanti. Del resto—– riconosce Michele Pontalti, dirigente del Centro di trasferime­nto tecnologic­o della Fondazione Edmund Mach — trovare soluzioni che consentano di salvaguard­are l’ambiente con cicli produttivi basati sul riuso, dev’essere un impegno comune». All’interno del concetto di economia circolare, infatti, il ruolo degli impianti di cogenerazi­one è duplice: conta non solo per il recupero dell’energia e della sostanza organica, ma anche per l’estrazione di nutrienti e di molecole ad alto valore aggiunto per l’utilizzo in altri processi produttivi. Così, nel caso del progetto trentino, si è individuat­o un sistema biologico, a mezzo alghe, per rimuovere e recuperare la Co2 contenuta nei fumi emessi dai cogenerato­ri. «È un sistema a basso costo che consente di contenere le emissioni prodotte e di reintrodur­re in circolo anche i materiali di scarto. Dunque — conclude Papurello — rispondiam­o pienamente ai principi del riuso».

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Tecnologia L’obiettivo della ricerca era pensare un modello utilizzabi­le dalle piccole imprese del territorio trentino

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