Una divinità a Merano
Palais Mamming, ecco il volume sulla mummia egizia Malgora: grazie a tac e prelievi svelata la sua identità
Fra i tanti reperti preziosi che il Museo Palais Mamming di Merano custodisce, quello più noto è la mummia egizia portata in riva al Passirio nel 1915 da Frixos Krafft, che l’aveva acquistata in Egitto e poi passata nel patrimonio del museo civico per essere restaurata nel 2002.
La mummia già a partire dal 2012 è stata oggetto di studio da parte del Mummy Project Reserch di Milano diretto dalla dottoressa Sabina Malgora archeologa ed egittologa di fama internazionale, curatore tra l’altro della sezione egizia del Castello del Buonconsiglio a Trento. Questo centro di eccellenza opera a Milano, all’interno dell’Ospedale Fatebenefratelli ed è finalizzato allo studio approfondito dei reperti organici, in particolare mummie umane e di animali attraverso analisi effettuate con le più moderne tecniche di indagine medica ed investigativa, eseguite da un’équipe multidisciplinare, in grado di recuperare tutte le informazioni disponibili e di confrontarle nel panorama scientifico di riferimento, nel più completo rispetto della integrità e della conservazione dei reperti. Restituisce un’identità, il più possibile esaustiva alle mummie oggetto di indagine, completando il quadro storico e culturale da cui provengono.
Tutto il lavoro svolto sulla mummia nel corso degli anni è ora raccolto nel libro La mummia di
Merano edito dal Mummy Project Reserch, che verrà presentato a Merano mercoledì presso il Palais Mamming alle 18. Sabina Malgora è un volto noto in tv per le sue partecipazioni a Super Quark, Ulisse di Rai e Mistero di Italia 1. Dottoressa Malgora, da cosa nasce l’interessamento per la mummia meranese?
«Alcune mie prime osservazioni avevano messo in evidenza delle incongruenze per cui decisi di aprire un progetto di ricerca che ha coinvolto eminenti studiosi. La mummia infatti era misteriosa: riposava in un sarcofago che pare non essere stato completato e dalle dimensioni maggiori rispetto al corpo». Come avete lavorato?
«La mummia e il suo sarcofago sono stati al centro di una serie di accurate ricerche con le più moderne tecniche di indagine medica e forense, con lo scopo di restituirle l’identità, scoprire la sua età ed il periodo in cui è vissuta. Per questo è stata sottoposta a tomografia computerizzata (TC) e sono stati effettuati prelievi per analisi molecolari, tra cui quella del radio carbonio C14. Inoltre l’antropologa Chantal Milani ha studiato il profilo antropologico e lo specialista americano, Jonathan Elias ha ricostruito il volto di questa donna vissuta millenni prima di noi». Cosa racconta questa mummia?
«Abbiamo scoperto che la mummia era una donna di età matura, di nome Bast-es-ankh, figlia di Irethorrou, sacerdote del tempio della città di Ipou, sacra al dio Min, oggi Akhmim, nell’Alto Egitto. Il suo nome, Bast-en-ankh, fa riferimento alla dea Bastet e significa «la dea Bastet è vivente». Era alta circa 1 metro e 44 e la datazione calibrata al radio carbonio ci consente di affermare che è vissuta tra il 387 e il 261 a.C., ossia tra la fine della XXIX dinastia e l’inizio del Periodo Tolemaico. Sull’involto poggiano frammenti di una decorazione in cartonnage, databili al Primo Periodo Tolemaico (inizi-metà III secolo a.C.) e stilisticamente riferibili alla regione di Akhmim (Alto Egitto), sito da cui proviene anche il sarcofago. Essi però non sono nella posizione originale e purtroppo sono incompleti. Il sarcofago che la contiene è più antico della mummia, realizzato con legni di età diverse, forse ricavati da prodotti più antichi. La tecnica di costruzione lo data alla fine VIII –VII a.C.». Il progetto di ricerca ha coinvolto diversi esperti?
«Le forze messe in campo sono di grande eccellenza: da Wilfried Rosendahl, direttore del centro internazionale ed interdisciplinare focalizzato nelle ricerche sulle mummie del REM: alla dottoressa Chantal Milani, antropologa e odontologa forense e Ufficiale presso il Reparto Investigazioni Scientifiche (R.I.S.) dei Carabinieri di Roma al dottor Jonathan Elias direttore dell’ Akhmim Mummy Studies Consortium (AMSC Research LLC), Pennsylvania, USA solo per citarne alcuni».
Tutti gli studi condotti nel corso degli anni si possono approfondire nel libro edito dal Mummy Project Reserch, che verrà presentato domani alle 18. Ci può anticipare qualcosa?
«Sì, siamo arrivati alla pubblicazione del libro che racconta le indagini, i risultati raggiunti e le scoperte effettuate, con un ricco corredo fotografico e di ricostruzioni 3D. Il libro da me curato è stato scritto a più mani da alcuni membri dell’équipe che ha studiato la mummia: i già citati Chantal Milani e Wilfried Rosendhal, l’egittologo Jonathan Elias e Albert Zink, specialista di Dna, direttore dell’ Istituto per le mummie e l’Ice Man, centro di ricerca internazionale per lo studio e la conservazione dei reperti antichi dell’Eurac di Bolzano che sarà con me alla presentazione del libro».