Caso Epolis, prima assoluzione per Rigotti
L’accusa: non versò contributi per 1,8 milioni. A ottobre udienza per il crac
TRENTO L’editore trentino travolto dallo scandalo del crac da 130 milioni di euro del gruppo editoriale Epolis, che pubblicava 19 quotidiani in tutta Italia e a Cagliari «Il giornale di Sardegna», incassa una prima assoluzione. In attesa del processo per bancarotta, fissato in autunno, Alberto Rigotti nei giorni scorsi è stato assolto con formula piena (perché il fatto non sussiste) dall’accusa di omesso versamento delle ritenute, parliamo di circa un milione e 852.000 euro di emolumenti relativi al 2009.
Il giudice Stefania Selis ha accolto in toto la tesi difensiva dell’avvocato Roberta Cossu, la quale ha sostenuto che il ruolo dirigenziale ricoperto da Rigotti era distinto da quello di chi, in azienda, aveva la gestione materiale del denaro in cassa. «È impensabile — ha precisato il legale — che Rigotti, in quanto presidente del consiglio di amministrazione, potesse trattenere tutti i poteri in materia di gestione societaria». Tesi accolta dal giudice. Una vittoria per l’imprenditore trentino, ma la battaglia è ancora lunga. Sono tre i procedimenti che hanno coinvolto Rigotti. A luglio si aprirà un’altra udienza a carico dell’imprenditore e di altri cinque ex dirigenti e consiglieri della società Epolis, accusato di omesso versamento di ritenute per anni precedenti al 2009, ossia per gli anni tra il 2006 e il 2008 relativi alla gestione del denaro da parte della società Epolis e tra il 2007 e il 2009 per la società Publiepolis. Si parla di cifre importanti che sarebbero state omesse al Fisco, attorno ai sei milioni di euro.
Ma l’appuntamento clou della vicenda giudiziaria è fissato per quest’autunno, ad ottobre, quando Rigotti dovrà rispondere del crac milionario. Rigotti, l’ex editore Niki Grauso e Carlo Momigliano, vicepresidente della concessionaria di pubblicità Publiepolis, sono accusati di aver causato il fallimento delle due società. «Rigotti aveva ereditato una società in profonda crisi — spiega l’avvocato — ha tentato di salvarla non fu lui la causa del fallimento».