LA CREDIBILITÀ CHE NON C’È PIÙ
Sulla questione della ritirata della maggioranza provinciale rispetto alla legge sulla differenza di genere si è già scritto molto, ricordando anche — lo ha fatto Simone Casalini sul Corriere del Trentino di domenica — che questa ritirata ripete l’arretramento sull’omofobia e sul garante dei detenuti. Vale a dire su decisioni che riguardano aspetti più importanti di un riassetto di bilancio, in quanto investono i valori, il quadro in cui ci riconosciamo dentro una società: come diceva Hannah Arendt, zwischen-denMenchen, tra gli uomini. Emerge dunque da parte del cosiddetto centrosinistra autonomista una debolezza: l’incapacità di tenere ferme certe decisioni anche contro il delirio ostruzionista delle minoranze. Quando il presidente Rossi afferma solennemente, come in passato aveva già detto per l’omofobia, che la questione sarà la prima all’ordine del giorno della prossima legislatura provinciale, ci si chiede perché si dovrebbe proporre una riconferma di chi ha già dato prova di non saper tenere su punti che dichiara essere fondamentali.
Per tenere fede ai propri principi si dovrebbe pensare a sedute continuate, diurne e notturne, anche per verificare se l’opposizione è così eroicamente granitica tanto da sacrificare tempo e sonno sull’altare della battaglia in Aula. Finora non c’è stato riscontro.
Ogni volta che l’opposizione ha depositato le sue migliaia di emendamenti, la maggioranza si è letteralmente squagliata. Forse perché di fatto non è nemmeno una vera e propria maggioranza. Forse perché, al di là degli assessorati e del potere, alcuni suoi membri hanno il cuore altrove. Un po’ omofobi e un po’ maschilisti. E quali garanzie può allora pretendere chi è meritatamente in carcere?