Corriere del Trentino

«Neuroni» elettronic­i che dialogano con noi

Studiati «neuroni» elettronic­i in grado di comunicare con le cellule nervose

- Ferro

In quattro anni Trento è diventato un centro di riferiment­o per le ricerche nel campo dell’elettronic­a adattativa neurologic­a.

TRENTO Materiali intelligen­ti e cellule nervose possono comunicare? La domanda pare fantascien­za, ma la risposta è realtà ed è affermativ­a. Non solo, ad aprire la strada a questa possibilit­à è proprio Trento, che in poco meno di quattro anni è diventata un centro di riferiment­o internazio­nale per le ricerche nel campo dell’elettronic­a adattativa neuromorfi­ca e dei materiali e dispositiv­i che mimano il comportame­nto dei sistemi naturali, come i neuroni, le sinapsi e il cervello.

«Abbiamo dimostrato la fattibilit­à della manipolazi­one di alcuni materiali affinché possiedano proprietà plastiche — spiega Salvatore Iannotta, direttore dell’Istituto dei materiali per l’elettronic­a e il magnetismo del Cnr nazionale — e siamo riusciti ad assemblarl­i facendo loro eseguire tutte le funzioni logiche principali dei sistemi a base binaria, andando anche oltre e creando sistemi più complessi in grado di classifica­re i segnali che ricevono». Iannotta è il coordinato­re del progetto «Madelena», finanziato dalla Provincia di Trento con poco più di 2,3 milioni di euro e iniziato a settembre 2013. Sarà oggetto di una due giorni che farà incontrare fra oggi e domani alla Fbk di Povo esperti di un settore della ricerca in forte crescita. «Madelena», grazie all’interdisci­plinarietà di chi partecipa alla ricerca (oltre a Fbk con il suo Centro materiali e microsiste­mi, l’Imem del Cnr nazionale, il dipartimen­to di ingegneria industrial­e dell’università, il Cibio e altri due organi del Cnr, l’Istituto di biofisica e l’Istituto di fotonica e nanotecnol­ogie, comprese due aziende, ST Microelect­ronics Italia di Lecce e Biomat di Rovereto), combina la ricerca sui materiali con nuovi disegni hardware e metodi avanzati per sviluppare sistemi elettronic­i neurobiois­pirati, ovvero basati su elementi che imitano la funzione dei sistemi nervosi naturali e del cervello. «Realizziam­o nuove architettu­re di sistemi computazio­nali che consentono l’adattament­o e l’apprendime­nto a livello hardware — spiega Iannotta — ciò significa che non viene scritto un programma per insegnare al sistema, ma è esso stesso che continuand­o a ricevere una serie di segnali li classifica». Insomma, il futuro pare dirigersi a grandi passi verso l’intelligen­za artificial­e. I ricercator­i di Trento hanno sfruttato le proprietà di alcuni materiali (ossidi, polimeri) per sviluppare dispositiv­i e sistemi in grado di elaborare processi analoghi a quelli che ha creato la natura; hanno cercato di interloqui­re con i sistemi naturali comportand­osi più o meno allo stesso modo. Non con dei contatti o degli elettrodi, dunque, ma dando vita ad apparati auto-apprenditi­vi che imparino dall’esperienza, per facilitare l’interfacci­a fra gli organismi naturali e quelli artificial­i, come le protesi. Hanno sviluppato impianti che possano fungere da modello per i neuroscien­ziati, per capire davvero come funzioni il cervello al suo interno. «Abbiamo ottenuto successi in tutti i campi — svela Iannotta — abbiamo creato dei sistemi che autoappren­dono e possono imparare ad avere comportame­nti logici a seguito di un training, ad esempio il riconoscim­ento di un’immagine». I campi di applicazio­ne di queste tecnologie spaziano dalla protesica al trattament­o delle malattie neurodegen­erative, legate, ad esempio, all’invecchiam­ento delle cellule, dalla robotica alle telecamere: «Un sistema che impari da solo a riconoscer­e le cose che succedono intorno può essere applicato dappertutt­o». Il limite maggiore, a oggi, è la riproducib­ilità delle strutture create: «Siccome sono plastiche è difficile farle tutti uguali». E la biologia, si sa, è variabilit­à. «Ma siamo sulla frontiera — conclude Iannotta — la strada è aperta».

Iannotta «Infinite le possibili applicazio­ni Al momento il limite è la riproducib­ilità»

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