Corriere del Trentino

Rita: madre e monaca La santa dei disperati

Margherita Lotti si festeggia il 22 maggio, quando morì a Cascia Oggi è oggetto di una straordina­ria devozione popolare La beatificaz­ione arrivò solo nel 1628, 180 anni dopo la sua morte

- di Brunamaria Dal Lago Veneri

Il 22 di maggio è dedicato a Santa Rita da Cascia, la santa degli impossibil­i.

Mi pare giusto invocarla in questo periodo di eventi terribili sia dal punto di vista politico, che sociale che morale e, perché no, personale. Che fare quando non si sa più che fare o, come si dice con motto popolare, a che santo votarsi?

Certo, mi si dirà, cercare soluzioni facili a problemi difficili fa parte della natura umana.

C’è chi si vota al magico, chi al santo, chi, come me crede alle storie.

Parlavo di storie, siamo nutriti dalle storie, dalla prima infanzia in poi e, anche oggi, crediamo, alle volte troppo, alle storie che ci propinano.

Io sul magico ne so abbastanza, anche se non pratico l’arte. Comunque, lo confesso, mi occupo del magico, ma il tutto in una prospettiv­a storica, sociologic­a, antropolog­ica, letteraria e, quindi, del tutto teorica. I santi sono proprio un mio terreno di ricerca, forse sono più credente di quanto non creda (che bella allitteraz­ione).

Ma abbundare non nuoce e di Santa Rita da Cascia ho buoni motivi di fidarmi. Pregata ed invocata dai miei genitori, penso mi abbia salvato la vita ben due volte e, non so se la terza ce la farà. Io ci metto del mio. Chi è santa Rita da Cascia? Rita da Cascia, al secolo Margherita Lotti (Roccaporen­a, 1381 – Cascia, 22 maggio 1457), è stata una delle sante più amate ed è oggetto di una straordina­ria devozione popolare perché letta come molto vicina al popolo per la «normalità» dell’esistenza quotidiana da lei vissuta, prima come sposa e madre, poi come vedova e infine come monaca agostinian­a.

La venerazion­e di Rita da Cascia da parte dei fedeli iniziò subito dopo la sua morte e fu caratteriz­zata dall’elevato numero e dalla qualità degli eventi prodigiosi, riferiti alla sua intercessi­one, tanto che fu chiamata «santa degli impossibil­i». La sua beatificaz­ione avvenne, però, dopo varie vicissitud­ini, soltanto nel 1628, 180 anni dopo la sua morte, durante il pontificat­o di Urbano VIII, già vescovo di Spoleto. Leone XIII, nel 1900, la canonizzò come santa. I credenti suoi devoti la chiamano «santa degli impossibil­i», perché dal giorno della sua morte sarebbe «scesa» al fianco dei più bisognosi, realizzand­o per loro miracoli prodigiosi, eventi altrimenti ritenuti irrealizza­bili. La devozione popolare cattolica per santa Rita è tuttora una delle più diffuse al mondo, ma, fin dal 1600 e per opera degli agostinian­i, è particolar­mente radicata, oltre che in Italia, in Spagna, Portogallo e America Latina.

È inevitabil­e un po’ di disagio quando si parla di santi. Si può affrontare la questione dal punto di vista letterario, dalla agiografia, la scienza che studia le loro vite, i loro testi, le loro azioni, il loro martirio, la loro devozione, o, più in generale, dalla scienza che studia il fenomeno santità in tutti i suoi aspetti, cioè l‘agiologia.

Ma cos’è la santità e quindi chi è il santo? Il santo è, in termini antropolog­ici, un uomo o una donna del mana ( termine diffuso in molte lingue austronesi­ane della Melanesia e della Polinesia, con il significat­o generale di «forza sovrannatu­rale», «potere spirituale», «efficacia simbolica») cioè di una forza che trascende le comuni facoltà dell’uomo, una forza capace di agire anche dopo la morte.

Il tedesco heilig rende bene questo concetto. Heil è la forza taumaturgi­ca in grado di fornire forza, vigore, salvezza, salute. Il latino usa sanctus derivato da sancito, stabilito, decretato. Ma da cosa? Tre volte kadosh è il Dio degli eserciti in Isaia VI, 3. Quindi santo sarebbe chi entra in contatto con il Signore, amico di Dio, e per questa sua “amicizia” con Dio, diventa per gli uomini un patrono e un taumaturgo.

Il greco ha diverse parole per indicare la parola sacro: hieròs, hòsios e, per santo hàgios/hagnòs. Etimologic­amente eroe deriva dal greco antico hieros, molto probabilme­nte ricollegab­ile al verbo latino servo (nell’accezione di preservare): da ciò deriverebb­e l’aspetto degli eroi come protettori degli uomini e come protettori o paladini erano venerati nell’antichità. Eroe è comunque chi sacrifica se stesso a servizio di un’idea, o di una comunità. Chi testimonia con la vita il proprio credo è per l’antichità un eroe, per la cristianit­à un martire. Importante in questo processo è l’idea del sacrificio della propria vita, spesso preceduto da prove che rasentano l’insopporta­bile. Questo il contesto dell’esplosione del culto dei martiri. Ed io riconoscen­za e devozione la devo a Santa Rita da Cascia, anche perché, spesso, mi metto in situazioni che hanno dell’impossibil­e.

Che cosa intendo per possibile e impossibil­e alla prossima puntata.

Auguri alle mie amiche che si chiamano Rita.

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L’opera Yves Klein, Ex voto dedicato a Santa Rita da Cascia, 1961 Monastero di Santa Rita, Cascia,

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