«Porfido, legge anticostituzionale»
Antitrust, dura presa di posizione. «Norma in contrasto con i principi della concorrenza»
TRENTO Dopo mesi di trattative in febbraio il consiglio provinciale è riuscito ad approvare una nuova legge sulle cave, per tentare di arginare la grave crisi che investe il settore da ormai molti anni. Ieri l’Antitrust però l’ha stroncata, poiché «in contrasto con i principi nazionali e comunitari in materia di concorrenza e, pertanto, presentino profili di incostituzionalità».
La presa di posizione non è una sanzione o uno stop formale, forse toccherebbe alla Corte costituzionale un giudizio in merito. Ma il parere è comunque pesante. Superato l’ostruzionismo in aula, il testo è diventato legge lo scorso 2 febbraio: una vittoria per il vicepresidente provinciale Alessandro Olivi. La norma introduce: l’obbligo della lavorazione sul posto, le clausole sociali per l’occupazione, che imporranno ai nuovi concessionari di non lasciare a casa i lavoratori, la tracciabilità del materiale grezzo, bandi impostati in modo da premiare gli investimenti, sanzioni severe per chi non rispetta le norme, comprese le tutele dei lavoratori, ruolo attivo delle Asuc nelle concessioni di competenza.
L’Antitrust prende di mira in particolare «l’obbligo di lavorazione con ricorso a propri dipendenti» e di «comunicazione relativa ai soggetti che effettuano la seconda lavorazione» che fanno parte dell’articolo 1 bis. Inoltre il faro è puntato sull’11 bis: «Per le cave di porfido il disciplinare di concessione prevede necessariamente: il divieto di trasferimento della proprietà del materiale tout-venant (inerti, ndr)»; il divieto «di trasferire la proprietà del semilavorato, che necessità di una seconda lavorazione per produrre cubetti e piastrelle, chiamati “materiale grezzo”»; la possibilità di trasferire la proprietà del «materiale grezzo» per un 20% massimo all’anno.
«Tali disposizioni — scrive l’Antitrust nell’ultimo bollettino —, nella misura in cui limitano significativamente la libertà del titolare della concessione di disporre del materiale estratto (nella misura dell’80% dei quantitativi annuali di materiale estratto), pur essendo asseritamente giustificate dalla tutela dell’occupazione e dall’obiettivo di favorire lo svilup- po della filiera, rappresentano restrizioni alla commercializzazione e circolazione dei prodotti in questione, contrarie alla disciplina sulla concorrenza». «A questo riguardo — prosegue — si osserva che nel bilanciamento tra le due opposte esigenze deve essere garantita la necessaria proporzionalità della misura assunta e ciò non appare ricorrere nel caso di specie. Infatti, l’80% del materiale estratto, rispetto al quale il titolare subisce la restrizione sopra già indicata, rappresenta indiscutibilmente la parte preponderante del prodotto disponibile dopo l’estrazione. Quindi, in un’ottica di proporzionalità l’occupazione su base provinciale potrebbe essere senz’altro garantita in maniera meno restrittiva della concorrenza». «Per assicurare il rispetto della disposizione citata — ricorda infine l’Autorità, sottolineando la pesantezza del provvedimento — la legge ha introdotto anche specifiche sanzioni, di cui all’articolo 291, e la decadenza dalla concessione o revoca della stessa, ove il titolare della concessione abbia violato per tre volte tale normativa». Per tutti questi motivi l’Antitrust ritiene che le disposizioni «siano da ritenersi in contrasto con i principi nazionali e comunitari in materia di concorrenza e, pertanto, presentino profili di incostituzionalità».