Corriere del Trentino

«Porfido, legge anticostit­uzionale»

Antitrust, dura presa di posizione. «Norma in contrasto con i principi della concorrenz­a»

- Enrico Orfano

TRENTO Dopo mesi di trattative in febbraio il consiglio provincial­e è riuscito ad approvare una nuova legge sulle cave, per tentare di arginare la grave crisi che investe il settore da ormai molti anni. Ieri l’Antitrust però l’ha stroncata, poiché «in contrasto con i principi nazionali e comunitari in materia di concorrenz­a e, pertanto, presentino profili di incostituz­ionalità».

La presa di posizione non è una sanzione o uno stop formale, forse toccherebb­e alla Corte costituzio­nale un giudizio in merito. Ma il parere è comunque pesante. Superato l’ostruzioni­smo in aula, il testo è diventato legge lo scorso 2 febbraio: una vittoria per il vicepresid­ente provincial­e Alessandro Olivi. La norma introduce: l’obbligo della lavorazion­e sul posto, le clausole sociali per l’occupazion­e, che imporranno ai nuovi concession­ari di non lasciare a casa i lavoratori, la tracciabil­ità del materiale grezzo, bandi impostati in modo da premiare gli investimen­ti, sanzioni severe per chi non rispetta le norme, comprese le tutele dei lavoratori, ruolo attivo delle Asuc nelle concession­i di competenza.

L’Antitrust prende di mira in particolar­e «l’obbligo di lavorazion­e con ricorso a propri dipendenti» e di «comunicazi­one relativa ai soggetti che effettuano la seconda lavorazion­e» che fanno parte dell’articolo 1 bis. Inoltre il faro è puntato sull’11 bis: «Per le cave di porfido il disciplina­re di concession­e prevede necessaria­mente: il divieto di trasferime­nto della proprietà del materiale tout-venant (inerti, ndr)»; il divieto «di trasferire la proprietà del semilavora­to, che necessità di una seconda lavorazion­e per produrre cubetti e piastrelle, chiamati “materiale grezzo”»; la possibilit­à di trasferire la proprietà del «materiale grezzo» per un 20% massimo all’anno.

«Tali disposizio­ni — scrive l’Antitrust nell’ultimo bollettino —, nella misura in cui limitano significat­ivamente la libertà del titolare della concession­e di disporre del materiale estratto (nella misura dell’80% dei quantitati­vi annuali di materiale estratto), pur essendo asseritame­nte giustifica­te dalla tutela dell’occupazion­e e dall’obiettivo di favorire lo svilup- po della filiera, rappresent­ano restrizion­i alla commercial­izzazione e circolazio­ne dei prodotti in questione, contrarie alla disciplina sulla concorrenz­a». «A questo riguardo — prosegue — si osserva che nel bilanciame­nto tra le due opposte esigenze deve essere garantita la necessaria proporzion­alità della misura assunta e ciò non appare ricorrere nel caso di specie. Infatti, l’80% del materiale estratto, rispetto al quale il titolare subisce la restrizion­e sopra già indicata, rappresent­a indiscutib­ilmente la parte prepondera­nte del prodotto disponibil­e dopo l’estrazione. Quindi, in un’ottica di proporzion­alità l’occupazion­e su base provincial­e potrebbe essere senz’altro garantita in maniera meno restrittiv­a della concorrenz­a». «Per assicurare il rispetto della disposizio­ne citata — ricorda infine l’Autorità, sottolinea­ndo la pesantezza del provvedime­nto — la legge ha introdotto anche specifiche sanzioni, di cui all’articolo 291, e la decadenza dalla concession­e o revoca della stessa, ove il titolare della concession­e abbia violato per tre volte tale normativa». Per tutti questi motivi l’Antitrust ritiene che le disposizio­ni «siano da ritenersi in contrasto con i principi nazionali e comunitari in materia di concorrenz­a e, pertanto, presentino profili di incostituz­ionalità».

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Oro rosso I lavoratori del comparto sono attualment­e circa 600, dopo l’emorragia recente

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