Ateneo, Varzi professore onorario «Il vivere bene è legato agli altri»
Achille Varzi (foto Rensi) è professore onorario «Bruno Kessler» dell’università di Trento. Classe 1958, considerato una delle figure di spicco nell’ambito della filosofia analitica, ha ricevuto il titolo ieri mattina nel corso di una cerimonia al dipartimento di Lettere e filosofia: «È la prima volta che il nostro dipartimento riconosce anche formalmente la presenza nella propria comunità scientifica di una personalità cui abbiamo chiesto di farne parte dati la sua fama e il suo grande prestigio intellettuale» spiega il direttore Fulvio Ferrari. Dopo la laurea in sociologia a Trento nel 1982, Varzi ha conseguito il dottorato in filosofia all’università di Toronto ed è tornato in città per alcuni anni, dal 1989 al 1995, come ricercatore all’Irst (oggi Fondazione Bruno Kessler) prima di approdare alla Columbia university di New York, dove insegna ancora oggi. «La sua carriera si svolge a livello internazionale, ma sempre segnata dal filo rosso del rapporto con Trento» sottolinea Paola Giacomoni, docente di storia della filosofia, che ha tenuto la laudatio introduttiva. «La prima volta che ha messo piede qui, alcuni studenti lo hanno riconosciuto — ricorda Giacomoni — e gli hanno chiesto persino l’autografo». La collaborazione con l’ateneo trentino è iniziata così, «prima con un convegno su Paolo Bozzi nel 2013, poi con la disponibilità a tenere ogni anno per noi un corso di Logica, negli ultimi anni come visiting professor». La cerimonia di ieri è stata anche l’occasione per ascoltare la sua lectio magistralis «Sul vivere bene»: da Seneca a Russell, passando per Leibniz, Spinoza, Locke e Hume, Varzi si è addentrato in una riflessione su «quello che, sin dall’antichità, è stato considerato uno dei compiti principali della filosofia: indicare la strada del “vivere bene” — afferma — del resto è questo che ancora oggi le chiediamo tutti». Un ragionamento, in fin dei conti, sull’etica, perché, essendo «animali politici», «il nostro vivere bene va identificato e calibrato sullo sfondo del nostro vivere accanto ad altri».Varzi si muove tra le coordinate dell’approccio realista e l’opzione soggettivista, per arrivare a interrogarsi sul progresso morale: «Siamo chiamati all’idea di un cambiamento di prospettiva rispetto ai requisiti del progresso morale così come siamo abituati a pensarlo — sostiene — Un cambiamento che rivendica la stessa diversità come coordinata principale lungo la quale misurare un progresso che possa dirsi autentico».