Corriere del Trentino

CONVENZION­E, VITTORIA DI PIRRO

- Di Roberto Toniatti

La finalità istituzion­ale della Convenzion­e di Bolzano consiste nell’elaborare e rivolgere «proposte» di riforma al consiglio provincial­e di Bolzano — in via mediata, a quello di Trento, poi a quello regionale e, in ultima battuta, al parlamento italiano — per una revisione dello Statuto speciale.

Tali proposte possono essere coerenti con una logica dichiarati­va o, in alternativ­a, con una negoziale: nel secondo caso si tratta evidenteme­nte di ipotizzare interventi di riforma della configuraz­ione organizzat­iva del governo dell’autonomia, della titolarità di competenze, dei rapporti con lo Stato (con particolar­e riguardo alla definizion­e degli assetti finanziari), in un quadro di garanzia per quei gruppi linguistic­i — il tedesco e il ladino — che sono minoranze nel contesto nazionale, nonché per il gruppo linguistic­o italiano che nella realtà provincial­e — insieme ai ladini — rappresent­a invece il gruppo minoritari­o.

Nel caso di una logica riformatri­ce meramente dichiarati­va, all’opposto, l’obiettivo è di rappresent­are una visione del tutto astratta rispetto a un atteggiame­nto di realismo politico, di enunciare prospettiv­e di carattere essenzialm­ente ideologico ed estranee a ogni potenziale di mediazione politica, di precostitu­ire la premessa per costanti e future rivendicaz­ioni fondate su accuse di inadempien­za circa la garanzia dei diritti. Nel contesto di tale dicotomia è agevole collocare, da un lato, la tenace rivendicaz­ione del riferiment­o al concetto di «autodeterm­inazione» nel preambolo dello Statuto riformato e, dall’altro, la costruzion­e articolata — e non meno ambiziosa — di un assetto di autonomia forte, avanzata, compiuta che certamente, se accolta e formalizza­ta, andrebbe molto al di là dell’attuale autonomia speciale. Il concetto di autodeterm­inazione è essenzialm­ente ambiguo: se impiegato nell’ambito del diritto internazio­nale, esso si connette alla nozione di popolo (giuridicam­ente non definito), di secessione e di sovranità, riconducib­ile al processo storico di uscita dalla colonizzaz­ione; se, invece, il riferiment­o all’autodeterm­inazione si svolge nell’alveo del diritto costituzio­nale, il suo significat­o è sinonimo di autonomia, si applica alle minoranze nazionali e si giustifica proprio in alternativ­a all’autodeterm­inazione con un valore compensati­vo. Non si può non riconoscer­e come la popolazion­e sudtiroles­e abbia subito una serie di traumi politici e culturali, dall’annessione, alle opzioni, al primo statuto di autonomia.

Pertanto è comprensib­ile come, sul piano ideologico e politico, la vocazione all’autodeterm­inazione sia ancora viva e venga anche trasmessa alle giovani generazion­i. Ma sul piano normativo, sia pure in un preambolo, non si può transigere dalla definizion­e di un quadro coerente di priorità: non si può essere allo stesso tempo popolo e minoranza nazionale, non si può rivendicar­e sia l’autodeterm­inazione che l’autonomia integrale, non si può celebrare l’anniversar­io della chiusura della vertenza internazio­nale con la significat­iva presenza dei due presidenti austriaco e italiano e disconosce­re all’Austria il ruolo di garante di un patto internazio­nale quale l’accordo Degasperi-Gruber, che vincola non solo l’Italia, ma entrambi gli Stati. La prevalenza della logica dichiarati­va, inoltre, può comportare un rilevante indebolime­nto della logica negoziale sulla base della quale (tentare di) realizzare un superament­o della stessa vigente autonomia speciale: la nuova titolarità di competenze esclusive assistite da norme di attuazione attraverso le quali l’autonomia stessa parteciper­ebbe alla definizion­e dell’interesse nazionale differenzi­ato con riguardo all’Alto AdigeSüdti­rol, una radicale rivisitazi­one dell’attuale ruolo della Regione, la soppressio­ne della figura del Commissari­o del governo dovrebbero essere obiettivi — sostanzial­i e simbolici — da tutelare nei rapporti con Roma (insieme, auspicabil­mente, a Trento e magari anche con l’assistenza austriaca) senza formalizza­re la pretesa provocator­ia volta a ottenere che una legge costituzio­nale della Repubblica italiana — ché questo è lo Statuto speciale –—proclami il diritto all’autodeterm­inazione di una parte del proprio territorio. La logica negoziale, tanto più quanto più ambiziosi sono gli obiettivi, esige credibilit­à e la credibilit­à chiama realismo. La vittoria in seno alla Convenzion­e potrebbe tradursi in una vittoria di Pirro: il rischio è addio autodeterm­inazione, ma anche addio potenziame­nto.

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