PEPPINO INSEGNA IL CORAGGIO UN EROE SIMBOLO
di Alice Strada, Anna Gutmann, Arianna D’Amante
Continua il viaggio della delegazione regionale in Sicilia. Oggi i ragazzi raccontano la visita alla casa dove nacque Peppino Impastato
La giornata di sabato è iniziata con il consueto lavoro nei campi estirpando erbacce per permettere agli alberi, appena piantati, di ripopolare il terreno confiscato e restituirlo alla cittadinanza nel pieno della sua rigogliosità e prosperità.
Nel pomeriggio ci siamo recati a visitare la Casa Memoria di Cinisi, nei pressi di Palermo. In questa abitazione nacque e visse Giuseppe Impastato, detto Peppino. Siamo stati accolti dal fratello Giovanni, che ci ha poi affidato alle cure di Cristina, una delle collaboratrici di Casa Memoria. La nostra visita è iniziata al piano terra della casa dove, affissi alle pareti, vi erano i quadri con gli articoli di giornale legati alla morte di Peppino, le sue foto e la cronaca di quello che successe dopo il suo omicidio da parte della mafia. Prima di proseguire, la guida ci ha raccontato la storia di Impastato: era uomo di grande coraggio, ma soprattutto non tollerava i soprusi e le ingiustizie che quotidianamente i suoi concittadini, e i siciliani in generale, dovevano subire a causa dei mafiosi. Lui stesso apparteneva a una famiglia mafiosa ma, non essendo d’accordo con le scelte del padre e degli altri parenti, decise di opporsi. Fondò, con l’aiuto di altri giovani di Cinisi, un giornale locale “l’Idea socialista” che venne però quasi subito sequestrato e al quale impedirono la pubblicazione per i contenuti di denuncia sociale. Inoltre diede vita al centro “Musica e Cultura” dove promosse attività culturali e musicali per i giovani locali. In aggiunta a questo progetto fondò anche “Radio Aut”, un canale radiofonico autofinanziato dove si faceva satira sulla mafia e sugli esponenti politici locali. Nel 1978 si candidò alle elezioni comunali, nella lista di Democrazia Proletaria. Questa sua decisione lo porterà verso la morte in quanto la famiglia mafiosa dei Badalamenti, vicini di casa, suoi zii e in affari con la famiglia Impastato, diede l’ordine di assassinarlo: il suo corpo venne ritrovato dilaniato da una carica esplosiva di tritolo sui binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani. Molti cercarono di depistare le indagini facendolo sembrare un suicidio, ma poco dopo questa teoria venne smentita facendo raffiorare la verità.
Dopo la sua morte, la sua storia ha raggiunto una certa notorietà, facendolo diventare uno dei simboli della lotta contro la mafia. Per commemorare Peppino la madre decise di tenere sempre aperte le porte della sua casa per portare avanti la lotta iniziata dal figlio e far conoscere la sua storia. In tanti, come noi, hanno ripercorso i “Cento passi” che separano l’abitazione di Impastato dalla casa della famiglia Badalamenti; come nell’omonimo film diretto da Marco Tullio Giordana. Al termine della visita, ci siamo recati alla pasticceria Palazzolo: il proprietario è stato uno dei primi imprenditori di Cinisi a dire “no al pizzo”, rischiando per questo diverse ritorsioni. Peppino Impastato ha saputo dimostrare che per cambiare le cose non bisogna stare a guardare ma agire, questo ci insegna che dobbiamo continuare ad informarci, non restare passivi di fronte a quello che ci circonda. Peppino non va considerato come un eroe, ma dobbiamo pensare a lui come un esempio, con l’idea che ognuno di noi può fare la differenza o, almeno, provarci.