Fondazione Kessler «Dalla parte di Eva» Ciclo di incontri interreligiosi tra donne
TRENTO Quindici donne s’incontrano e si parlano. Discutono, talvolta persino animatamente. In piccola scala rappresentano le comunità religiose presenti in Trentino. C’è una giovane cattolica, due focolarine, tre musulmane, una musulmana che ha las c iato l’Islam, una fedele della Chiesa dei santi degli ultimi giorni (ossia mormonismo), una valdese, un’ebrea. Guardandosi, confrontandosi, innescano un effetto multiplo: danno senso al dialogo interreligioso, si interrogano sul ruolo della donna, indicano focolai di marginalizzazione e consentono di ridurre le discriminazioni di genere.
«Obiettivi ambiziosi, tuttavia necessari», rilette Irene Scarascia, ricercatrice del Centro per le scienze religiose della Fondazione Bruno Kessler. È con simili premesse che circa un mese fa è partito il progetto «Dalla parte di Eva. Donne e religioni» un ciclo di incontri che si concluderà in ottobre, con un documentario che sarà presentato al Religion Today Filmfestival.
«Alla base — spiega Scarascia — c’è la volontà di organizzare una serie di eventi per focalizzare ruolo e immagine della donna all’interno delle comunità religiose e nello spazio pubblico, in particolare urbano. Al tempo stesso l’intento era pianificare azioni di contrasto marginalità e alla discriminazione, aumentando la consapevolezza circa un tema tanto complesso».
«Dalla parte di Eva» ha la forza propulsiva della meccanica ondulatoria. Come cerchi concentrici, i benefici si estendono: dalle donne coinvolte, alle rispettive comunità fino all’intera collettività. «Il plusvalore del progetto — prosegue Scarascia — risiede nell’incrocio tra una prospettiva religiosa e una di genere: lo spazio interstiziale diventa quindi occasione per la comprensione d’insieme». La spigolatura, innovativa, consente quindi di centrare il problema: «Ci siamo chiesti in che modo donne e religiose che hanno una spiccata fede si possono sentire discriminate o vittime di pregiudizi e stereotipi — aggiunge la ricercatrice — Entrambe hanno bisogno di dialogare, trovando spazi comuni». L’esito è duplice: una risorsa per il singolo e al tempo stesso un’occasione di crescita collettiva. «L’obiettivo finale è favorire la prevenzione al radicalismo violento — dice Scarascia — L’intento più ampio è essere portatori di processi partecipativi di cittadinanza».
Tali intenzioni si stanno declinando. «Abbiamo coinvolto donne di diverse comunità religiose — prosegue — circa quindici persone che volontariamente si sono incontrate per cinque volte». Il gruppo rappresenta la polisemia religiosa in Trentino (partecipano cattoliche, laiche, musulmane, ebree, valdesi, mormone). «Ciascuna ha avuto spazio di capire vissuto ed esperienze dell’altra; c’è stato margine per un dibattito persino focoso, molto vivo, intenso». Ora si passerà alla fase due: interviste con le guide religiose e comprendere il ruolo della donna nelle diverse comunità.
L’intero percorso si tradurrà in un manifesto visivo: un cortometraggio che sarà proiettato al Religion Today Filmfestival. Un modo, ancora una volta, per restituire alla cittadinanza il frutto di un cammino condiviso, puntando i riflettori sulla condizione femminile nella nostra città. «Il fine ultimo è — conclude la ricercatrice — sensibilizzare la popolazione, promuovere un networking per processi inclusivi, favorire la nascita di nuove relazioni tra partecipanti, con un vantaggio anche a cascata sulla comunità di riferimento». Le donne protagoniste diventano infatti congiunzione, seminano pratiche positive e contribuiscono a ridurre la marginalizzazione della donna. Obiettivi utopici solo in apparenza perché, alla fine, da qualche parte si deve cominciare.