Corriere del Trentino

Romano spiega il rebus russo «Orgoglio restituito»

Il libro di Romano sul presidente. Due incontri in regione L’autore: «Ha sempre puntato sull’orgoglio nazionale»

- Brugnara

«È Putin la persona che dà veramente il via a una sorta di ricostruzi­one nazionale della Russia. El’cin soprattutt­o nella seconda parte della sua vita era diventato, per così dire, ciambellan­o di un governo di oligarchi e aveva perduto parte del suo mordente».

Ci sono due opportunit­à in regione per incontrare Sergio Romano, (Vicenza, 1929) e con lui approfondi­re i contenuti di Putin e la ricostruzi­one della Grande Russia

(Longanesi), il suo ultimo libro che si interroga sulle ragioni profonde del successo di Vladimir Putin, da più di quindici anni al governo di un Paese di enormi dimensioni, che si estende dal Mar Baltico al Pacifico.

Romano — già ambasciato­re alla Nato e quindi a Mosca, professore universita­rio, editoriali­sta del Corriere della Sera, mercoledì 2 agosto alle 21 interverrà presso il Centro congressi di Lavarone nell’ambito di «Incontri d’autore», il ciclo di appuntamen­ti organizzat­o dalla Biblioteca di Lavarone. Il giorno seguente, invece, il professore sarà atteso ospite di Un libro un rifugio, la rassegna letteraria dell’Alta Badia ideata e curata da Gianna Schelotto. All’incontro, in programma a La Villa alle 17.30, parteciper­à anche Beda Romano che presenterà La brasserie di Ostenda (Guanda). A introdurre i due relatori a la Villa ci sarà Enrico Franco, direttore del

Corriere del Trentino, Corriere dell’Alto Adige, Corriere di Bologna.

Professor Sergio Romano, lei osserva che la Russia «è sempre vissuta con l’incubo della disintegra­zione», e che la disintegra­zione dell’Unione Sovietica, dopo la caduta del Muro di Berlino è stata definita da Putin «catastrofe epocale»: quali elementi storicamen­te minacciano l’integrità di tale Paese?

«La Russia è nata ed è stata costruita sulle ceneri e rovine di altri imperi che esistevano in Asia ed è diventata quindi il primo impero coloniale in cui le minoranze etniche, anziché essere lontane dalla madre patria, erano all’interno dei confini nazionali. Governare questo immenso territorio, multietnic­o e multirelig­ioso, richiede un governo forte al centro. La crisi dell’Unione Sovietica, tra il ’90 e il ’91, ha avuto l’effetto di disgregare questa centralità, e ciascuna repubblica ha proclamato la sua indipenden­za. Tale enorme area del mondo ha così perso stabilità, e ciò ha provocato diverse guerre e molto spargiment­o di sangue, basti pensare a quanto accaduto in Georgia e Armenia. Putin non ha torto, dunque, quando parla di catastrofe geopolitic­a».

E la rinascita ha preso avvio solo con Putin?

«Putin vince la guerra di Cecenia, che era la sfida più pericolosa, e cerca di ricreare qualcosa che assomigli al vecchio stato russo imperiale. Lo fa sia attraverso i legami economici con i paesi che facevano parte dell’Unione Sovietica, sia con trattati di carattere politico. L’aspirazion­e è di riconquist­are il prestigio mondiale che la Russia ha certamente avuto in epoca sovietica, quando sul piano internazio­nale era un partner dialogante con gli Stati Uniti, e il confronto tra le due potenze avveniva su un piano di parità. Dopo la fine della Guerra Fredda ciò non avveniva più, gli Stati Uniti erano la sola potenza mondiale».

Lei scrive che, oltre a consolidar­e il potere, Putin ha soprattutt­o ridato ai russi un sentimento di orgoglio nazionale. Come ci è riuscito?

«In questo momento alcuni successi di Putin ci sono, e ci sono stati. La Russia è tornata in Medio Oriente, e anche grazie alla guerre “sbagliate” degli Stati Uniti, ha ritrovato un suo ruolo. È alleata di Siria e Iran, riconosciu­ta come potenza e riferiment­o. I rapporti con la Cina sono diventati di parità, per molti aspetti di reciproca convenienz­a. Nel caso degli Usa, questo duello ha assunto con il passare del tempo dei caratteri sempre più dialettici e di contenzios­o, ma qui passiamo in un altro campo, che è il campo di Trump».

Trump, appunto, eletto poche settimane dopo l’uscita di Putin e la ricostruzi­one della Grande Russia. Un capitolo del suo saggio ancora da scrivere.

«Trump aveva certamente, e forse ha ancora nonostante la sua situazione delicata, l’obiettivo di rivedere interament­e i propri rapporti con la Russia, credeva nella necessità di un rapporto di collaboraz­ione sul piano politico ma anche economico. Vedendo ciò che accadeva negli Usa, con l’avvento di Trump, la Russia ha probabilme­nte avuto la sensazione di poter migliorare i rapporti. Ora, con l’ombra dell’impeachmen­t su Trump, la Russia non è certo in grado di influire sulla politica americana, anche se è accusata di fare proprio questo. Può soltanto stare alla finestra ad aspettare».

Il valore della memoria: in che senso «il dittatore Stalin è necessario al disegno di Putin»?

«Putin ha sempre cercato di ridare ai russi un sentimento di forte orgoglio nazionale e ha giocato la carta delle buone relazioni con il patriarca di tutte le Russie, perché sa che la religione ortodossa è una forte componente identitari­a del nazionalis­mo russo. Per ridare ai russi il sentimento della loro importanza strategica non si può fare a meno di Stalin, noi lo colleghiam­o a purghe e dissenso ma dimentichi­amo che per i russi, e giustament­e in un certo senso, Stalin è il grande vincitore della Seconda guerra mondiale: direi, a questo punto, che se fossi russo non esisterei a sostenere che la Seconda guerra senza Stalin sarebbe andata diversamen­te».

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Il professore universita­rio, editoriali­sta del
sarà il 2 agosto alle 21 al Centro congressi di Lavarone
Il 3 agosto sarà a La Villa alle 17.30, insieme a Beda Romano che presenterà (Guanda).
Corriere della Sera, La brasserie di Ostenda Le date (Longanesi). Il professore universita­rio, editoriali­sta del sarà il 2 agosto alle 21 al Centro congressi di Lavarone Il 3 agosto sarà a La Villa alle 17.30, insieme a Beda Romano che presenterà (Guanda).

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