Alba Chiara uccisa con 4 colpi
Quello fatale è stato sparato in testa. L’ultimo sms al papà: «Sono da Mattia»
L’esame medico condotto ieri sui corpi di Alba Chiara Baroni e Mattia Stanga, i due ragazzi trovati morti in casa a Tenno lunedì pomeriggio, rivela particolari agghiaccianti. La giovane avrebbe tentato di scappare dai colpi di pistola che il suo ragazzo stava esplodendo correndo verso il bagno. Alba sarebbe stata raggiunta da quattro proiettili della «Sdm Xm9 Tactical» di Mattia, che invece si sarebbe tolto la vita con un solo colpo. La ricostruzione dell’omicidio-suicidio che ha sconvolto la comunità, però, presenta dei contorni poco chiari.
TRENTO Ha cercato di fuggire Alba Chiara. È corsa verso il bagno, forse nella speranza di trovare un rifugio, ma la follia di Mattia, di quel ragazzo che amava da più di sei anni, l’ha raggiunta. Quattro proiettili hanno trafitto il corpo della ventiduenne di Tenno, poi l’ultimo, quello fatale, è stato sparato alla testa.
È un quadro dai contorni agghiaccianti quello rivelato dall’ispezione effettuata ieri mattina a Riva del Garda dal medico legale sul corpo dei due fidanzati di Tenno trovati morti nella casa del giovane, in via delle Cesure. Un omicidio - suicidio dai contorni poco chiari. Una tragedia terribile che ha colpito un’intera comunità e ha distrutto due famiglie. Secondo quanto accertato la ventiduenne di Tenno, Alba Chiara Baroni, è stata trafitta da quattro proiettili esplosi dalla pistola di Mattia Stanga, 24 anni, una «Sdm Xm9 Tactical», acquistata solo tre ore prima del delitto in un’armeria di Roncone. Tre proiettili hanno colpito la zona del bacino e del ventre della ragazza, nella parte posteriore, della schiena — e questo confermerebbe l’ipotesi del tentativo di fuga di Alba Chiara — mentre il quarto, l’ultimo colpo, è stato alla testa. Poi Mattia ha rivolto l’arma verso se stesso e ha sparato. Il proiettile l’ha raggiunto alla testa, come conferma il medico legale. Uno dei proiettili è uscito dalla finestra ed è andato a conficcarsi nel muro di cinta della casa di fronte a quella del giovane vigile del fuoco volontario.
Si cerca di capire cosa è accaduto in quei brevissimi attimi. Un compito tutt’altro che facile, ci sono ancora tanti aspetti oscuri nel delitto, tanti interrogativi che rischiano di restare senza risposta. I carabinieri della compagnia di Riva del Garda insieme ai colleghi del nucleo investigativo del comando provinciale e la scientifica, guidati dal capitano Marcello Capodiferro e dal capitano Andrea Oxilia, stanno cercando di far luce sulla tragedia e ricostruire, attimo dopo attimo, cosa è accaduto in quella casa. Sono ancora tante, troppe, le incongruenze. Mattia ha ucciso l’amore della sua vita. Un raptus di follia avrebbe armato la sua mano, una furia omicida improvvisa, inspiegabile, in un giovane così tranquillo, buono, con una vita normale, divisa tra il lavoro, il volontariato e la sua Alba. L’aveva scritto su Facebook, nei tanti messaggi e sulla sabbia: «Alba ti amo». Un sentimento puro che univa i due ragazzi fin da giovanissimi, insieme fin da bambini, il sogno di una casa, poi all’improvviso il buio li ha travolti.
I carabinieri ricostruiscono gli orari, gli spostamenti di Mattia e Alba, si continua a cercare per dare una risposta a due famiglie impietrite dal dolore. Mattia verso le sei del mattino, appena finito il turno di notte alle Cartiere di Riva, era rientrato a casa a riposare. Alle undici è andato in armeria a Roncone dove ha acquistato la pistola. Poi la telefonata ad Alba. Non è chiaro cosa abbia detto Mattia alla fidanzata. Lei è corsa da lui, appena finito il lavoro all’hotel «Mirage» di Riva. Ha minacciato di farla finita, forse. La tesi è affiorata già poche ore dopo il delitto. È lo stesso pm Valerio Davico a volerci credere, a pensare che Mattia, forse, almeno all’inizio, volesse uccidere solo se stesso, non Alba. Ma quando i due fidanzati si sono trovati di fronte l’uno all’altro è accaduto qualcosa, una lite, poi gli spari. Solo ipotesi, al momento, gli inquirenti non confermano e non smentiscono. Ma l’acquisto della pistola, i colpi sparati e la fuga di Alba dalla camera da letto di Mattia, fino al bagno del secondo piano, sembrano raccontare un’altra terribile verità. I carabinieri stanno esaminando i tabulati telefonici, gli ultimi messaggi sui cellulari dei due ragazzi e i tablet. Ma c’è un particolare ancora poco chiaro. La Fiat Panda di Alba è stata trovata con la portiera aperta, segno di una persona che aveva fretta. Ma allora perché quel messaggio di Alba al papà Massimo, arrivato alle 13.08: «Papà sono da Mattia». Lui avrebbe raggiunto i due ragazzi. «Erano tranquilli» ha confidato ai carabinieri. Hanno fumato una sigaretta insieme e sono rimasti a chiacchierare, poi Massimo si sarebbe allontanato. Poche decine di minuti dopo: il delitto. Cosa è accaduto in quei minuti? È il dubbio che assilla i familiari e gli amici di Alba e Mattia, gli stessi inquirenti che in queste ore stanno cercando risposte nei cellulari dei giovani e scavando nelle loro vite. Nei tanti messaggi che si sono scambiati, nelle testimonianze di amici e genitori. Oggi arriverà da Roma anche uno psicologo del Racis (Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche) che aiuterà i colleghi trentini a far luce sul terribile delitto.
Omicidio-suicidio Inquirenti a caccia di risposte. Al lavoro anche uno psicologo dei carabinieri del Racis