Levico attende il ripescaggio Beretta: noi pronti
Beretta (Levico): «Melone e Ferrarese, un lavoro eccellente»
TRENTO Scaramanzie o pretattiche non sono di casa in riva al lago. «La risposta definita l’avremo tra una settimana, al momento posso dire che al 90% ci presenteremo ai nastri di partenza del prossimo campionato di serie D, mi tengo il 10% per ricondurlo a tutto ciò che è imponderabile». Sandro Beretta, presidente del Levico, attende solo il via libera definitivo, ma è convinto che la domanda di ripescaggio del sodalizio gialloblù andrà a buon fine: d’altra parte ha dimostrato concretamente di crederci dal primo momento rafforzando lo staff tecnico, dirigenziale e costruendo una squadra che in quarta serie potrà dire la sua.
La conferma arriverà da Roma tra qualche giorno, l’attuale ranking dovrebbe mettere la sua società al riparo da spiacevoli sorprese. In tutto ciò lei ha deciso di rispondere con entusiasmo alla retrocessione.
«Se la matematica non è un’opinione noi occupiamo la decima posizione nella specifica graduatoria e dovrebbero essere ripescati proprio dieci club. Ripeto: attendo la comunicazione ufficiale ma sono ottimista. Per quanto riguarda il resto della sua osservazione è vero, abbiamo deciso di dare spazio ad un direttore generale (Marco Melone) e a un direttore sportivo (Claudio Ferrarese). D’altra parte per continuare a crescere a 360 gradi è necessario avere le spalle belle larghe. Sono davvero molto soddisfatto dell’operato sia del dg che del ds, abbiamo una visione del calcio molto simile e questo è importante».
La rosa della prima squadra è stata profondamente rinnovata e non dev’essere stato facile convincere alcuni giocatori senza ancora avere certezze sulla categoria.
«Rispetto a dodici mesi fa sono rimasti solamente Pancheri e Micheli, per il resto è cambiato tutto, tecnico (Stefano Manfioletti) compreso. Sabato scorso abbiamo avuto la prima uscita stagionale con il Cittadella e le sensazioni sono state molto positive. Sarei falso se dicessi che il dubbio sull’eventuale serie D non ha pesato, ma molti degli obiettivi che ci eravamo prefissati sono venuti da noi ugualmente, anche per questo i miei dirigenti meritano i complimenti più sinceri».
Non è un segreto il suo desiderio di provare a diventare
quantomeno il punto di riferimento calcistico per l’intera Valsugana. Come prosegue il progetto?
«Diciamo che vorremmo riuscire ad unire l’aspetto più prettamente sociale a quello agonistico. È chiaro che le realtà legate al territorio devono svolgere una funzione di trait d’union con le famiglie, avvicinando innanzitutto i giovani al calcio e coinvolgendoli quindi in una disciplina sportiva. Poi però dovrebbero subentrare anche dinamiche qualitative e per poter mantenere una società in serie D con una rosa composta per la maggior parte da giocatori locali. Ci vorrebbe la collaborazione fattiva dei “vicini”. Non sono affatto geloso del nome “Levico” se capissi che da parte dei miei colleghi, presidenti di squadre della zona, ci fosse davvero la volontà di seguire questa strada potremmo decidere di chiamarci “Valsugana” anche da domani».
Un’altra società che sta cercando sinergie fattive in provincia è il Trento. In che rapporti siete?
«Li definirei istituzionali, né più né meno».
Se in futuro emergesse un progetto più ampio pronti a rinunciare al nome I rapporti con il Trento? Li definirei istituzionali, né più né meno