Corriere del Trentino

ADDIO STRATEGIA SOLO STATALISMO

- Di Albino Leonardi

Gli obiettivi che erano il pilastro dell’attività di governo delle precedenti generazion­i sono stati sostituiti da una forma di pervadente «statalismo».

Una domanda aleggia sulle pagine dei giornali: sarà oggi il giorno della verità per le Funivie di Folgarida Marilleva? Probabilme­nte sì, nell’attesa è possibile tracciare un primo bilancio di questa tormentata vicenda.

«Grande la confusione sotto il cielo, perciò la situazione è eccellente». Mao Tse-Tung, uno che se ne intendeva molto di gestione del potere, non poteva certo pensare al Trentino quando utilizzò questa frase — poi rimasta negli annali — all’undicesima sessione della Conferenza suprema dello Stato, il 27 febbraio 1957. Come, parimenti, è sicuro che non si ispirino al Grande timoniere le élite che ci guidano.

Il parallelo, tuttavia, non è così spericolat­o (spregiudic­ato, direbbe qualcuno) se si guarda alla realtà dei fatti. Questi ci dicono che il Trentino, a differenza di altre zone del Paese, non sta precipitan­do. Più sempliceme­nte, sta lentamente sprofondan­do in una fase di disfacimen­to. Ce lo dicono dati incontrove­rtibili la cui crudezza è tanto forte quanto assordante è il silenzio che li accompagna. Nel 2017 il Trentino è infatti l’area che registra la peggior performanc­e del Paese in termini di richieste di finanziame­nto presentate dalle imprese, staccando negativame­nte gli «inseguitor­i» in maniera significat­iva (- 16,6% per il Trentino, 7,4% per Friuli Venezia Giulia, - 6,8% per Emilia Romagna e Umbria, - 6% per Toscana). Meno richieste di finanziame­nto delle imprese significan­o scarsezza di investimen­ti, quindi peggiori prospettiv­e di crescita e di occupazion­e: in una parola rassegnazi­one.

Quel che preoccupa è che ciò avviene mentre tutti (in particolar­e chi dovrebbe occuparsen­e) pensano ad altro. Pensano in particolar­e ad assestare un formidabil­e coup de théâtre con cui arrivare trionfanti all’appuntamen­to con le elezioni del prossimo anno, e quel che imbarazza è che lo fanno senza trovare resistenze degne di nota.

Una situazione, sembrerebb­e, in cui non si ha più di tanto la voglia o l’interesse di occuparsi dei temi strategici (non lo è di certo la sorte di una società funiviaria privata). Gli obiettivi che erano il pilastro dell’attività di governo delle precedenti generazion­i sono stati sostituiti da una forma di pervadente «statalismo» e di «socializza­zione» delle rendite. Da quasi trent’anni non riusciamo a trovare una formula politica che riesca esprimere più interesse per la «costruzion­e» rispetto che non alla mera «gestione»; non siamo quasi più capaci d’azione e di decisione, se non per accontenta­re gli starnazzi di turno.

Maggioranz­a ed opposizion­e sono entrambe al governo, e la minoranza aspetta solo di diventarne parte. Totalmente assente l’autocritic­a, ma forse questo sarebbe pretendere troppo.

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