FELICITÀ si chiama AVVENTURA
L’estate ha i giorni contati, la tristezza fa breccia nei pensieri Ma a muovere il mondo è il desiderio Solo i grandi obiettivi danno gioia
È passato ferragosto. L’estate sta morendo, anche se sono previsti ancora tempi caldi.Ci si potrà fidare almeno delle previsioni del tempo o, secondo i calendari antichi «Acqua d’agosto rinfresca il bosco»? O inizieranno i tempi di mezzo che preludono all’autunno?
In un mondo che cambia sotto i nostri occhi come cambiano le immagini di un caleidoscopio, nella tensione fra il desiderio di passare, transitare, andare, osservare, ritrarre e fermare il tempo, mi piace soffermarmi su quelli che si possono chiamare tempi di mezzo, e annotarli in una specie di calendario come un taccuino, un itinerario di viaggio, di avventura.
Avventure celesti e umane nei capricci del cielo di questo agosto. Forse c’è ancora tempo per qualche avventura: visitare un luogo scoprire un libro, fare un viaggio.
Vivere è un’avventura. E per affrontare un’avventura c’è chi consulta mappe, chi si premunisce di talismani, chi affronta, come vengono, le incognite della vita. Ma sotto sotto ognuno ha bisogno di certezze, ognuno cerca di aprire i velami del futuro, osserva le stelle, consulta gli oroscopi.
In fondo tutti cercano sempre la stessa cosa, di cui solo il nome cambia: cercano la felicità. L’idea della felicità, proprio per la sua vaghezza e la sua aggressiva molteplicità, sembra la più consona ad esprimere la meta, raggiungibile o irraggiungibile, dell’avventura umana.
Non i concetti, ma le idee muovono la vita degli uomini e le storie che scriviamo. Certo le ideologie possono essere salvifiche o rovinose. Qualsiasi rivoluzione, interiore, collettiva o cosmica, religiosa o politica, parte da idee che eventualmente tradirà o abbandonerà o finirà coll’innestare nell’apparentemente solido terreno dell’ieri.
Felice- infelice. La felicità è dolore del bisogno o piacere anticipato del soddisfacimento? Certo in un primo tempo il bisogno è vago e vaghe sono le immagini dell’aspettativa. Poi il quadro si determina meglio, le immagini si fanno più vive, più visive, quasi ossessionanti.
Un piacere del corpo non si distingue dal ricordo d’aver sofferto per privazioni e dal timore di poter di nuovo soffrire in futuro. Felicità-infelicità, la relatività reciproca del dolore e della felicità è condizionata dalla memoria che ora ricorda, ora dimentica, ora rimemora.
La vita è movimento, felicità e infelicità sono simultanei, divisi fra memoria e anticipazione. La nostra cultura è fatta di memoria, ordinata raccolta di pensieri, non soltanto dei propri, altalenante con la speranza che le nostre memorie diventino futuro.
Una duplice simmetria che mi ha sempre colpita come l’equilibrio dualistico del corpo umano. L’uomo intimo ha sentimenti doppi che ruotano attorno alla sfera della vita come la sfera terrestre ruota attorno al sole, offrendo prima una faccia e poi l’altra, in una vicenda, come le stagioni, sempre uguale e sempre rinnovata.
E poi ci sono terre di frontiera, paesi in bilico fra due paesi. Un luogo che è un nessun luogo, un luogo che è destinato ad essere confuso. Una feritoia fra un modo di essere ed un altro.
Un luogo dove non ci si ferma, ma si transita. C’è chi, in questo modo, non decide mai se essere felice o infelice. C’è chi da tempo è fuori tempo e non sa se, all’inizio del nuovo, all’inizio di una avventura, è ora di mettere avanti gli orologi e di partire. Che anche il binomio felicità-infelicità faccia, come ogni cosa, pensiero, sentimento, parte del mercato della vita?
Luisa Muraro ha scritto un libro che si intitola Al mercato della felicità. In questo libro Luisa Muraro, tra le più importanti filosofe italiane, lancia una sfida: «Che cosa sarebbe la nostra vita senza grandi desideri? Si può desiderare ciò che sembra impossibile da ottenere? Nella cultura che cambia senza andare avanti, in un’economia che cresce e si espande ma non si cura di far crescere né la gioia né il senso di sicurezza, nella vita che sembra tutta un mercato, con l’umanità stretta fra il troppo e troppo poco, traspare l’intuizione che il reale non è indifferente al desiderio e non assiste indifferente alla passione del desiderare. Il mondo è salvo solo a patto che coloro che lo abitano abbiano aspettative incommensurabili ai propri mezzi e non perdano mai la fiducia di essere destinati a qualcosa di grande».