La banda delle scommesse sportive Guadagni facili, truffati 65 trentini
Sette indagati, nei guai l’immobiliarista Giandonato Fino, un ex direttore di banca e un promotore
Ci sarebbe Jorge Antero da Silva Queiros, meglio conosciuto negli ambienti del web come il «Madoff lusitano», dietro la truffa milionaria messa in atto attraverso una girandola di scommesse sportive offerte a investitori più o meno ricchi, scoperta dalla guardia di finanza di Trento. Lui, 55 anni, con al moglie e due amici, avrebbe architettato un raggiro internazionale basato sul classico «schema Ponzi», più conosciuto come catena di Sant’Antonio. In totale, secondo le Fiamme Gialle, sarebbero 77 le vittime, di cui 65 trentine, che dal 2010 a oggi avrebbero versato somme per 2,7 milioni di euro.
TRENTO È conosciuto da tutti, soprattutto dai navigatori del web, con il nome di «Madoff lusitano». In memoria del ben più noto Bernard Madoff, il criminale statunitense accusato di una delle più grandi frodi finanziarie di tutti i tempi.
Forse non è dello stesso spessore, ma l’astuzia e l’intelligenza non gli mancano. Distinto signore di origini portoghesi, Jorge Antero da Silva Queiros, 55 anni, ha le idee chiare su cosa vuole: una vita agiata e serena. Per un po’ di tempo ci è anche riuscito, con l’acume tipico di tanti criminali, poi, incappato nelle maglie della giustizia, è stato arrestato dai francesi; capace di architettare una rocambolesca fuga dal carcere di Montpellier degna delle migliori pellicole hollywoodiane, con tanto malattia simulata, trasporto in ospedale, agenti narcotizzati con il gas, grazie alla complicità della moglie. È tornato libero, ma solo per pochi giorni. È stato preso nella scorsa primavera dopo un conflitto a fuoco in Francia.
Sarebbe lui la mente della truffa milionaria messa in atto attraverso una girandola di scommesse sportive offerte a investitori più o meno ricchi, scoperta dalla guardia di finanza di Trento. Lui con la fedelissima moglie, una trentaduenne portoghese, e i due amici, un neozelandese di 49 anni e un inglese di 45 anni, avrebbe architettato un raggiro internazionale attraverso il classico «schema Ponzi», la cosiddetta catena di Sant’Antonio, per dirlo in parole povere, una truffa piramidale che in realtà non manca di qualche limite. L’obiettivo: fare soldi in tempi brevi, attraverso la promessa di allettanti interessi. Carpita la fiducia degli investitori, il truffatore paga piccole somme per convincere la vittima della bontà dell’affare, poi sparisce con il bottino.
Il sistema è più semplice di quanto si possa immaginare, tanto banale quanto efficace. La presunta organizzazione proponeva investimenti in sei società con sede negli Stati Uniti, Nuova Zelanda, Gibilterra e infine Svizzera e Italia, una era la Betexp, poi c’erano la Goodsense, la Capitale Emporio e la Euro-Champions Fund (tutte società già messe al bando dalla Comissão do Mercado de Valores Mobiliários portoghese nel 2013). Poi c’era la Lampros con sede a Trento (e collegamento diretto in Nova Zelanda con la società RimuTrentino) e la Ec Global Consulting (con sede a Lugano), società titolare di siti online di scommesse sportive che garantivano, attraverso l’uso di algoritmi, vincite «sicure» e interessi mensili pari all’8-10% del capitale investito.
Interessi allettanti. Ma il mondo delle scommesse è particolare e la sicurezza di una vincita è tutt’altro che un calcolo matematico. A questo forse non hanno pensato le tante vittime finite nella tela dei truffatori, che hanno subito il fascino fatale del rischio, del gioco e di guadagni facili. D’altronde al «Madoff lusitano» le capacità dialettiche certo non mancavano, tantomeno una predisposizione quasi naturale al calcolo, ovviamente dei propri interessi, non certo altrui. Le qualità alla presunta organizzazione— è evidente — non mancavano tanto che sono riusciti a gabbare almeno 77 vittime, di cui 65 trentine, due bolzanine. Un caso si è registrato invece a Milano, due a Mantova, uno a Venezia, due a Verona, un altro a Bologna e infine tre a Forlì-Cesena. Dal 2010 ad oggi i malcapitati hanno versato somme per almeno 2 milioni 694.905 euro, come contestato dal procuratore Marco Gallina nella richiesta di sequestro preventivo.
Il «Madoff lusitano» i propri conti, a quanto pare, li sapeva far bene tanto che è riuscito a reclutare nomi importanti del panorama economico trentino, scelti, non a caso per il loro bagaglio professionale, la loro affidabilità e credibilità. Parliamo di Giandonato Fino, torinese di nascita, ma trentino di adozione, di Molveno, immobiliarista di 57 anni (già patron del Molveno Volley, allenatore del CasaSebastiano Coredo e giocatore, in gioventù, in tantissimi club locali, molto impegnato anche nella beneficienza), poi Leonardo Sala, promotore finanziario di 61 anni, iscritto all’albo, ex dipendente di banca e infine Massimiliano Achler, di Fai della Paganella, 47 anni, ex direttore di banca (anni fa responsabile di filiale a Cavedago e Molveno). Persone affidabili a cui clienti e amici hanno dato i loro risparmi che ora sono indagati insieme ai presunti vertici dell’organizzazione nientemeno che per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, con l’aggravante del reato transnazionale, abusivismo finanziario e abusiva raccolta del risparmio. Accuse pesantissime, ma tutte da dimostrare. Resta da capire quale era il loro ruolo effettivo (visto che nella colossale truffa avrebbero perso anche soldi loro). Nella sostanza organizzavano conferenze e riunioni in famosi hotel del Trentino. A loro gli investigatori del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza sono risaliti grazie a un’indagine certosina iniziata sette anni fa. Nel 2010 la Finanza, allertata da istituti bancari per quattro operazioni sospette, si mette al lavoro. La Finanza ha in mano elementi importanti che tracciano il quadro di una vasta organizzazione, ma manca il quadro delle vittime. Un’ulteriore spinta arriva quando alcuni investitori trovano il coraggio di denunciare. Si rivolgono all’avvocato Roberta Pedrotti e presentano un esposto in Procura. Le indagini proseguono a ritmo serrato e gli inquirenti risalgono alla presunta mente, grazie a un lavoro in sinergia con l’Interpool e l’Europool, il famoso «Madoff». Il resto ormai è storia.
La fuga La mente, il «Madoff lusitano», era riuscito a fuggire dal carcere in Francia