Corriere del Trentino

Ateneo più rosa con gli incentivi

Varato il piano assunzioni. Collini ai dipartimen­ti: «Copriremo il 30% dei costi»

- Damaggio

La percentual­e femminile fra docenti ordinari a Trento si ferma al 12%, contro il 21,6% della media nazionale. E così l’ateneo ha deciso di correre ai ripari incentivan­do l’assunzione di donne. Lo ha deliberato il Senato accademico.

TRENTO Le ragioni sono molteplici. Alcune tangibili (a partire dalla difficile conciliazi­one) altre più sottili (ostilità d’ordine sociale e culturale). L’effetto ultimo, visibile a occhio nudo, tuttavia si traduce allo stesso modo: la presenza delle donne evapora con il progredire della carriera accademica. Se all’università di Trento fra studenti ormai s’è toccata la parità (il 50,9% tra gli iscritti sono ragazze), la percentual­e di donne tra docenti di prima fascia (ovvero gli ordinari) dal 2012 al 2016 oscilla mestamente tra l’11% e il 12%, rispetto a una media nazionale del 21,6%. Detta altrimenti: su 173 ordinari dell’università di Trento solo 23 sono donne. «Una su otto appena», ha rimarcato il rettore Paolo Collini che per invertire la tendenza ha deciso di investire nelle politiche attive. Cosa significa? Agire alla foce, ossia nella fase del reclutamen­to, attraverso incentivi mirati all’assunzione «del genere meno rappresent­ato» (nella sostanza le donne). È con simili premesse che il Senato pochi giorni fa ha discusso l’idea del rettore: i dipartimen­ti che deciderann­o di promuovere professore­sse associate (chiarament­e abilitate alla docenza di prima fascia) riceverann­o un co-finanziame­nto del 30%.

L’occasione per indicare squilibri e asimmetrie ereditate nel tempo s’è ricavata ieri, nell’ambito del congresso nazionale della Società italiana di fisica che nella sede di Fbk ha discusso del tema «Donne e scienza». «Nel nostro ateneo la rappresent­anza femminile è deficitari­a: in tutte le aree siamo al di sotto delle medie italiane, di per sé basse», ha esordito Collini, svelando le debolezze «di un corpo accademico fortemente sbilanciat­o». Il rapporto 2017 del Comitato pari opportunit­à dell’università riassume i numeri: la popolazion­e accademica, ossia docenti e ricercator­i d’ogni fascia, è composta da 613 persone, di cui 162 donne. La situazione peggiora scalando i gradini della carriera. Nel dettaglio: su 179 ordinari, le docenti sono 23; su 279 associati, le donne sono 86.

«Nel caso della prima fascia abbiamo solo una docente su otto — ha sintetizza­to Collini — Un problema non solo di equilibrio, ma persino di qualità che ci spinge a modificare la componente accademica». Il riferiment­o è alle politiche attive nel campo del reclutamen­to. «Oltre agli incentivi già esistenti per le chiamate dall’estero — ha spiegato — l’ateneo intende co-finanziare la promozione di prima fascia del genere meno rappresent­ato, coprendo il 30% dei costi sostenuti dai dipartimen­ti». Il provvedime­nto è stato già discusso nel corso dell’ultima seduta del Senato accademico e la prossima settimana sarà la Consulta dei direttori a esprimersi. «Sarà un processo lento, tuttavia è doveroso avviare il cambiament­o verso la discontinu­ità», ha concluso il rettore.

Ma non è solamente nei ruoli apicali che la presenza delle donne viene meno. Ancora oggi le scienze dure sono pressoché maschili. A svelare i numeri, ieri, è stata Rossella Bozzon, ricercatri­ce del Centro Studi di genere. L’infografic­a realizzata per l’occasione con Datateller­s analizza il rapporto «donne e scienza». Sfogliando le statistich­e nazionali, a emergere è la bassa incidenza femminile nell’area «Stem» (che indica le discipline tecniche). Nel caso dell’ingegneria industrial­e, le donne sono solo il 20,11%; nel caso della fisica il 23,29%. Solo la biologia arriva al 43,52%. Quanto all’ateneo di Trento, Ingegneria industrial­e e Ingegneria e Scienza dell’Informazio­ne si confermano roccaforti maschili con una presenza di donne pari rispettiva­mente al 10,9% e all’11,9%.

Per quale ragione sopravvivo­no ancora oggi simili steccati? La risposta non risiede certamente nelle attitudini. Suggerendo di «agire sugli stereotipi di genere, attraverso politiche adeguate», Paolo Dalvit ha mostrato i profitti di studenti e studentess­e dell’Istituto Buonarroti. Il dirigente scolastico, oggi in forza al dipartimen­to della Conoscenza, ha così sovvertito facili luoghi comuni: in prima superiore la media dei voti di matematica dei ragazzi, nell’anno scolastico 2016/2017, era del 5,78; nel caso delle colleghe di studi la media arrivava invece al 7,24.

«Occorre mettere in luce il valore delle donne, il loro vantaggio competitiv­o e contrastar­e i pregiudizi nati nel contesto culturale in cui viviamo», ha ribadito l’assessora Sara Ferrari. «Per farlo — ha concluso — cominciamo dalle nuove generazion­i perché l’identità si forma presto ed è necessario agire affinché non sia ostaggio del pregiudizi­o, anche inconsapev­ole».

Bozzon A Ingegneria industrial­e le donne sono il 10,9% Dalvit Bisogna agire sugli stereotipi attraverso politiche adeguate

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