Le difese: «Sono stati raggirati, hanno investito molto denaro»
TRENTO «Altro che truffatori, criminali di spessore internazionale, in realtà sono vere e proprie vittime che nel famoso «algoritmo» hanno investito parecchio denaro, anche quello di familiari e amici».
Sono pronte a dare battaglia le difese dei tre trentini indagati nella vasta operazione della guardia di finanza, denominata «Goodsense». «Siamo ancora in fase di indagini — spiega l’avvocato Maria Scialla del foro di Roma, che difende Giandonato Fino — ma è chiaro che si tratta di persone danneggiate, non di truffatori. Fino in questo sistema ha investito anche denaro proprio, ha coinvolto i suoi familiari e ha perso dei soldi». Fino ha investito del denaro perché credeva nell’affare e la difesa è pronta a dimostrarlo con i documenti. «Mi dispiace per lui — spiega Scialla — perché è una persona molto stimata, una bravissima persona che fa molta beneficienza e ora si trova indagato per associazione a delinquere. Dimostreremo che è una vittima».
Anche Leonardo Sala, difeso dall’avvocato Luigi De Finis, è pronto a difendersi. L’unica sua colpa sarebbe stata quella di aver chiesto una consulenza giuridica a Roma per capire la bontà degli investimenti effettuati attraverso le società in Spagna, Portogallo e Inghilterra. I consulenti gli avrebbero spiegato che società di questo tipo potevano essere fondate in Svizzera non in Portagallo e così avrebbe dato quella indicazione. Si sarebbe mobilitato solo per recuperare quello che aveva perso lui e i suoi clienti. Ma il duello tra accusa e difesa si gioca anche sul piano giuridico. È stato già presentato un primo ricorso al Riesame, respinto dal collegio, presieduto dal giudice Carlo Ancona, un secondo è fissato per la prossima settimana. Secondo le difese il reato transnazionale, come previsto dall’articolo 3 della legge 146 del 2006, non c’è e quindi il sequestro non poteva essere eseguito.